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Elezioni di Trump: gli effetti in Egitto

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Dal blog Egitto in movimento di Ludovica Brignola

Secondo diversi quotidiani egiziani il Presidente Trump sarebbe sulle orme di Al-Sisi. Così scrive il Middle East Eye, rendendo noto che giornali ufficiali come Al-Watan e Al-Masry al-Youm definiscono le prime mosse politiche del presidente statunitense vere e proprie emulazioni di quelle del loro capo di Stato, prima fra tutte la rinuncia allo stipendio presidenziale. Trump infatti domenica scorsa aveva annunciato in una intervista su CBS News di volere fare a meno del suo compenso di 400.000 dollari, e di essere pronto a ricevere al suo posto soltanto 1 dollaro all’anno. Un gesto simbolico che in realtà era già stato avanzato da presidenti come Herbert Hoover e John F. Kennedy. Ma che secondo i giornali egiziani è stata proprio un’azione imitativa nei confronti di Al-Sisi, che aveva annunciato nel 2014 la rinuncia al suo stipendio annuale di 42.000 sterline egiziane per il “bene dell’Egitto”. Secondo poi altri giornali egiziani sarebbe stato proprio il supporto esplicito di Al-Sisi ad avere incoraggiato una parte di americani a votare il candidato repubblicano.

Di certo la notizia dell’insediamento di Donald Trump è stata accolta favorevolmente dai paesi arabi, primo tra i quali l’Egitto. Al-Sisi è stato infatti il primo capo di Stato straniero a telefonare alla Casa Bianca per congratularsi con il neoeletto presidente, la cui elezione potrebbe fornire all’Egitto un’insperata ancora di salvezza. Nella telefonata il capo del paese dei faraoni ha sottolineato il desiderio di rafforzare i legami bilaterali con gli Stati Uniti e si è augurato una maggiore collaborazione per consolidare il clima di pace, stabilità e sviluppo nel Medio Oriente. Secondo l’agenzia egiziana, Trump ha dichiarato di volerlo incontrare presto, ricordandogli l’incontro di fine settembre a New York, durante il quale aveva promesso di dichiarare i Fratelli Musulmani (il partito d’opposizione) gruppo terroristico e aveva reso nota la sua alleanza con l’Egitto. Come già il Time aveva segnalato a partire da marzo, è in aumento il fenomeno di musulmani a sostegno di Donald Trump, nonostante le sua pubbliche dichiarazioni xenofobe e anti-Islam. Fenomeno visibile soprattutto in Egitto, dove il risultato delle elezioni americane per alcuni cittadini è sembrata una inattesa benedizione. Secondo molti egiziani infatti sarebbe stata proprio l’amministrazione Obama a supportare i Fratelli Musulmani saliti al potere dopo la deposizione di Mubarak. Non a caso già durante la rivoluzione per la deposizione di Morsi circolavano moltissimi fotomontaggi di Obama con la barba degli islamisti radicali. E ieri, tramite un suo portavoce, la confraternita dei Fratelli Musulmani ha definito l’elezione di Trump una “disgrazia per il mondo islamico”.

Dopo le elezioni americane, l’Egitto ha ricevuto un prestito da 12 miliardi dal Fondo Monetario Internazionale a seguito di misure economiche restrittive e inflazionistiche, e la rivolta della classe meno abbiente – il movimento Ghalaba – è stata molto più contenuta di quello che ci si aspettava. Ma l’agenzia di rating Fitch, pur accogliendo con favore le decisioni della banca centrale egiziana, ha avvertito che l’aumento dell’inflazione potrebbe generare disordini sociali. L’Egitto sta al momento infatti ancora affrontando i gruppi armati nel Sinai, una dilagante povertà e una preoccupante carenza di beni di prima necessità. Trump o non Trump, il rischio che il paese sprofondi in una nuova gravissima crisi è ancora molto alto.    

Fonti:

http://www.middleeasteye.net/news/trump-follows-footsteps-sisi-reports-egyptian-media-1084565108

http://www.panorama.it/news/orienta-menti/muslims-trump/

http://www.middleeasteye.net/columns/sisi-s-risky-gamble-how-resetting-egyptian-foreign-policy-shifting-power-1818341258