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Egitto: sostituire Camp David con una guerra aperta?

Di Ahmad Hassan. Elaph (17/11/2012). Traduzione e sintesi di Angela Ilaria Antoniello.

Cosa può fare l’Egitto “post-rivoluzionario” per fermare l’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza? Basterà aver richiamato l’ambasciatore a Tel Aviv, aver invitato la Lega Araba e il Consiglio di sicurezza a riunirsi con urgenza e sostenere con movimenti popolari e politici la causa palestinese per fermare Israele?

Diversi esperti di politica ritengono che l’Egitto potrebbe giocare altri ruoli stando però attento a proteggere i suoi confini da eventuali attacchi e senza implicare l’esercito in una guerra dai risultati non prevedibili. Inoltre, gli esperti concordano nel coinvolgimento dell’Iran e di Hezbollah in questa escalation di violenza a Gaza avente, secondo loro, lo scopo di distogliere l’attenzione dagli avvenimenti siriani.

Secondo l’ambasciatore Salah Fahmi, il presidente Mohammed Mursi non può far altro che optare per una soluzione politica alla crisi e negoziare sia con il governo israeliano che con Hamas per fermare lo scambio di fuoco. Infatti, è piuttosto improbabile che l’Egitto dichiari guerra o finanzi Hamas con delle armi o che addirittura venga meno agli accordi di Camp David, una vera e propria linea rossa, e interrompa i rapporti con gli Stati Uniti dai quali ricevono finanziamenti militari.

Il generale Sameh Seif al-Lizel, stratega esperto di sicurezza, Mursi ha sbagliato nel prendere contemporaneamente molte decisioni importanti, come richiamare il proprio ambasciatore e chiedere una sessione urgente del Consiglio di sicurezza, perché così facendo ha già esaurito tutti i mezzi a sua disposizione per far salire la pressione su Tel Aviv, e ora non gli resta che fare scelte che potrebbero rivelarsi fatali come rompere gli accordi di Camp David e di conseguenza dichiarare guerra a Israele e agli Stati Uniti ma in questo momento le condizioni economico-politiche del Paese, nonché la pericolosa situazione del Sinai, non lo permettono.

Da parte sua secondo il Dr. Abd al-Salem, docente di Scienze politiche, l’aggressione israeliana a Gaza è solo la ripresa del piano israelo-americano che mira a liberarsi degli abitanti di Gaza spingendoli nel Sinai, in questo caso attraverso un intervento di terra. Inoltre, egli sostiene che ci sono indizi che avvalorano l’ipotesi di un coinvolgimento di Iran e Hezbollah in questa crisi, infatti tutto ciò è avvenuto in concomitanza con il lancio di razzi dalla Siria al Golan, poi dal Sinai e da Gaza, razzi che non sono andati a segno ma che hanno provocato Tel Aviv. Si tratta quindi di una crisi interna alla regione che serve a distrarre il mondo da ciò che avviene in Siria.