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Egitto: riaperta l’ambasciata israeliana, a beneficio di chi?

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Di Sonia Farid. Al-Arabiya (01/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

L’ambasciata israeliana al Cairo ha riaperto ufficialmente nel totale silenzio dei media, un fatto che ha reso l’evento ancora più controverso di quanto già non sia.

L’Egitto ha mantenuto un profilo basso per la cerimonia di apertura, inviando il vice responsabile del protocollo diplomatico a presiedere all’evento. Di contrasto, il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano è arrivato al Cairo da Tel Aviv. La cosa ha suscitato domande sulla posizione dell’Egitto rispetto alla riapertura, se fosse o meno riluttante.

Il fatto che la riapertura abbia coinciso con gli scontri alla moschea di Al-Aqsa di Gerusalemme, dove diversi palestinesi sono stati feriti dalla forze di sicurezza israeliane, ha dato l’impressione che la rabbia dell’opinione pubblica, che causò la chiusura dell’ambasciata nel 2011, non sia più un problema per lo Stato. Anche scegliere l’anniversario dell’attacco che ha scatenato l’evacuazione dell’ambasciata (9 settembre) per la sua riapertura ha suscitato qualche perplessità.

L’ex candidato presidenziale, Hamdeen Sabahi, sostiene che il popolo egiziano non vuole un’ambasciata israeliana al Cairo ed è per questo che l’avevano fatta chiudere. “Era molto tempo prima degli scontri alla moschea di Al-Aqsa. L’ambasciata non è comunque ben accetta e la sua chiusura nel 2011 rifletteva la volontà pubblica. Per questo non dovrebbe essere riaperta e dovremmo anche smettere di inviare ambasciatori a Tel Aviv”, ha detto Sabahi.

Mohamed Seif al-Dawla, esperto in questioni palestinesi, ha detto che la riapertura è indice della stretta vicinanza tra Israele ed Egitto al momento: “Ha raggiunto livelli che non si vedevano dall’era Mubarak”, ha commentato, aggiungendo che questa vicinanza è trapelata da diverse decisioni del Cairo, come la chiusura del valico di Rafah o bloccare i tunnel per la Striscia di Gaza. Infine, Seif al-Dawla ha detto che la scelta della data era una chiara sfida alla volontà del popolo e un insulto alla rivoluzione: “È come se Israele stesse dicendo ai rivoluzionari egiziani di andare all’inferno”.

Per l’analista politico esperto di questioni israeliane Tarek Fahmi, invece, la riapertura dell’ambasciata era inevitabile: “Fa parte del diritto internazionale: Paesi con relazioni diplomatiche devono avere delle ambasciate”, ha spiegato. “Inoltre, le relazioni tra Egitto e Israele sono stabili da un po’, quindi non c’è motivo per non riaprire l’ambasciata”.

Saied al-Lawendi, esperto in relazioni internazionali, sostiene che la rabbia non poteva fermare la riapertura: “Gli interessi comuni tra i due Paesi non possono essere ignorati”. Lawendi ha sottolineato che la riapertura dell’ambasciata è più importante per Israele, “un Paese che ha bisogno di stabilità”, cosa che non si può “ottenere senza delle buone relazioni con l’Egitto”.

Tuttavia, per il giornalista Mohamed Ali la riapertura è più importante per l’Egitto: “I recenti attacchi terroristici nel Sinai hanno richiesto una maggiore presenza militare nella penisola e questo non sarebbe stato possibile senza coordinarsi con Israele, come stipulato dal trattato di pace”, aggiungendo che “la cooperazione securitaria tra Egitto e Israele sarà sempre inevitabile”.

Da parte sua, Ahmed Abu Zeid, portavoce ufficiale del ministero degli Esteri egiziano, ha dichiarato che la cosa non andrebbe ingigantita: “Negli ultimi quattro anni, l’ambasciatore ha continuato a fare il suo lavoro dalla sua residenza e le relazioni tra i due Paesi sono rimaste nella norma”.

Sonia Farid, oltre a essere un’assistente presso l’Università del Cairo, è una traduttrice, una redattrice e un’attivista politica.

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Roberta Papaleo

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  • La riapertura dell’ambasciata israeliana è positiva , avvicina l’Egitto al dialogo tra le nazioni . I fratelli musulmani ne escono sempre più sconfitti e lontani dal mondo reale .