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Egitto: la quinta colonna e i prezzi della benzina

Di Karim ‘Abd Al-Salam. Youm7 (07/07/2014). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Fin dall’inizio, i cittadini egiziani sono stati informati che il ruolo del governo era volto a garantire la sicurezza nazionale, risollevare l’economia in crisi, recuperare legami con gli investitori e condurre il Paese verso la rinascita.

Non vi è motivo di alimentare presso il popolo l’astio nei confronti del governo attuale, considerato responsabile del basso reddito e dell’incremento della povertà, laddove sia la povertà sia il reddito sono preoccupazioni del governo stesso. Tuttavia, il rallentamento nella riforma economica preannuncia ripercussioni sulle generazioni future, figlie dell’attuale debito pubblico.

Alcuni di noi sono a conoscenza delle conseguenze che il debito pubblico ha avuto nella storia dell’Egitto a partire dall’epoca del khedivè Ismail fino all’era Sadat; molti, però, ignorano o non vogliono sapere, e credono che anziché introdurre delle riforme economiche, è sufficiente spingere verso l’aumento di sovvenzioni su alcuni beni fondamentali, tra cui il carburante.

Di contro, il governo ha respinto il progetto di sovvenzioni alle compagnie di consumo preferendo investire nei settori della sanità e dell’istruzione. Tale programma riguarda la riforma di ospedali pubblici in rovina, il miglioramento di scuole sovraffollate mediante la costruzione di nuove istituzioni educative, la promessa del mantenimento di unità abitative in tre differenti città entro la settimana prossima, e in ultimo, l’inaugurazione di impianti che sfruttino l’energia solare per diminuire la pressione sulla rete elettrica.

Dal canto loro, i cittadini sono ignari di quella quinta colonna e delle oscenità descritte nei social network. Si considera, infatti, l’andamento dei prezzi del carburante una conseguenza diretta del giuramento dello stato, in linea con l’esercito egiziano, di combattere la frode, evitare il crollo inevitabile dell’economia ed aprire aree di sviluppo per allontanare la “miseria”, con aiuti di partner che non concedono nulla gratuitamente.

Secondo il mio punto di vista, il problema principale del governo egiziano non è tanto la sua incapacità a concludere un accordo con l’esercito, quanto la sua inefficienza a promulgare un piano nazionale chiaro intento a ristabilire il futuro dell’Egitto, in modo tale da annettere i diversi settori della società ai vari partiti e associazioni civili per combattere apertamente il terrorismo sia teoricamente che concretamente a fianco degli apparati di sicurezza.

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