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Egitto: perché i cristiani partecipano alle liste elettorali islamiste?

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Di Sonia Farid. Al-Arabiya (17/10/2015). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo.

La legge elettorale egiziana del 2014 metteva l’accento sul principio dell’equa rappresentazione, valido specialmente per quei gruppi fino ad allora marginalizzati dai regimi precedenti, come i cristiani e le donne. Secondo la legge, ogni lista elettorale dovrebbe includere almeno 3 cristiani, 3 donne, 2 contadini o lavoratori, 2 giovai, 1 disabile e 1 espatriato.

Mentre questo sistema di quote soddisfaceva la maggior parte delle fazioni, si è rivelato problematico per i partiti islamisti ultraconservatori, vista la loro posizione ostile contro i cristiani. Così, il partito Al-Nour, formazione salafita, non ha avuto altra scelta: molti liberali sono rimasti sorpresi nel vedere un notevole numero di cristiani sulla lista del partito, cosa che ha scatenato un acceso dibattito sugli obiettivi dei candidati e sulle intenzioni del partito stesso.

Susan Samir, una delle candidate cristiane, dice che la situazione in Egitto è molto cambiata dopo la rivoluzione del 25 gennaio e anche le relazioni tra fazioni tradizionalmente in conflitto. La Samir fa riferimento ai principi di uguaglianza e inclusione della Costituzione: “Questo significa che nessuna fazione dovrebbe essere esclusa dalla scena politica e che dovremmo essere uniti per la stabilità dell’Egitto”. Allo stesso tempo, la candidata dichiara che se una corte dovesse etichettare Al-Nour come un partito religioso, gli farebbe causa: “Questo significherebbe che mi hanno tradita. Finché si tratta di un partito politico con un riferimento religioso, non ho problemi”.

Nader al-Serafi, capo della coalizione copta per il diritto al divorzio e altro candidato cristiano del partito islamista, dice che alcune posizioni dei salafiti nei confronti dei cristiani sono irrilevanti: “Si tratta di questioni religiose che non hanno niente a che fare con la politica. [Ad esempio] sta a loro decidere se farci gli auguri per le nostre feste o no, così come sono loro a decidere se stringere la mano a una donna o meno. Le elezioni hanno a che fare con la politica e le questioni religiose non dovrebbero interferire”. Serafi aggiunge che all’interno del partito non c’è alcuna discriminazione e che i suoi membri stanno man mano adottando posizioni sempre più flessibili su una serie di punti.

Di contro, il professore di scienze politiche Tarek Fahmy pensa che Al-Nour faccia un doppio discorso, uno per il pubblico e uno per il partito: “Pubblicamente, viene ribadito il rispetto dei diritti e delle libertà e viene assicurato agli egiziani che il partito non ha intenzione di creare uno Stato religioso. Allo stesso tempo, i suoi membri vengono rassicurati dicendo che le politiche del partito non sono mai cambiate e che l’inclusione dei cristiani è solo un modo per avere accesso al parlamento”.

Anche l’attivista copto Kamal Zakher la pensa allo stesso modo: “Il partito non considera i cristiani come parte del progetto nazionale, né crede che la loro presenza in parlamento sia importante. Sa solo che è impossibile vincere le elezioni senza i cristiani”. Zakher aggiunge che il leader di Al-Nour, Younis Makhioun, ha di recente ammesso di aver introdotto cristiani nel partito solo perché lo vuole la legge.

Da parte sua, Hussein Hassan, coordinatore legale della campagna ‘No ai partiti religiosi’, dice che la relazione tra salafiti e cristiani è meramente pragmatica: “Mentre Al-Nour usa i cristiani per completare la lista e vincere seggi, alcuni cristiani sperano che Al-Nour li aiuti a far passare un emendamento della legge sui divorzi, tanto voluta dai copti contro la volontà della Chiesa”. Hassan spiega infatti che la maggior parte dei cristiani che sostengono Al-Nour fanno parte della Coalizione dei Copti ’38, gruppo che vorrebbe la reintroduzione della legge sui divorzi del 1938.

Magdi Saber, portavoce del movimento copto Unione dei Giovani di Maspero, è d’accordo: “La maggior parte dei cristiani non li considera come tali. Di fatto, sono traditori”.

Sonia Farid, oltre a essere un’assistente presso l’Università del Cairo, è una traduttrice, una redattrice e un’attivista politica.

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