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L’Egitto tra Obama e Trump

Egitto
Da Obama a Trump, quale sarà la natura delle relazioni tra Egitto e Stati Uniti?

Di Amir Shalaby. Al-Hayat (24/02/2017). Traduzione e sintesi a cura di Andrea Francesco Monaco.

Dopo l’elezione di Donald Trump, i circoli mediatici e politici egiziani hanno accolto con favore il nuovo presidente, nella convinzione che Hillary Clinton avrebbe portato alla semplice continuazione dell’amministrazione Obama, le cui relazioni con l’Egitto si erano raffreddate dopo il 3 luglio 2013, all’indomani del colpo di Stato di Abdel Fattah al-Sisi contro i Fratelli Musulmani.

Da allora i rapporti tra i due Paesi erano incappati in una fase turbolenta con il conseguente arresto degli aiuti militari americani verso l’Egitto. Tuttavia l’embargo non durò più di qualche mese, dopo i quali Washington normalizzò i rapporti col nuovo regime di al-Sisi. I motivi sono da ricercarsi nella popolarità del nuovo regime, nel sostegno politico, economico e diplomatico dei Paesi del Golfo e, non da ultimo, negli attacchi terroristici nel Sinai, ricollegabili al terrorismo regionale e, dunque, a Daesh (ISIS).

Il ripristino dei rapporti comprendeva anche una nuova posizione americana nei confronti dei Fratelli Musulmani. Infatti, Obama ha affermato che “Muhammad Morsi, nonostante sia stato eletto democraticamente, non ha governato democraticamente”. Da lì un proliferare di visite di capi militari, di sicurezza e delegazioni americane al Cairo ha suggellato la nuova fase di distensione, il Congresso ha approvato gli aiuti militari per l’Egitto per il 2016-2017 e Washington ha avallato il programma di riforma economica egiziano.

Questo è, dunque, il lascito che riceverà l’amministrazione Trump, che intende a sua volta mettere la lotta al terrorismo in cima alla lista delle priorità. Tuttavia, tale auspicio collide con il principio egiziano di non partecipare militarmente in zone di guerra. Inoltre, Trump spera che l’Egitto partecipi con l’Arabia Saudita e la Giordania alla ripresa dei negoziati tra la Palestina e Israele, ciò che l’Egitto sarebbe disposto a fare, sebbene la posizione di Trump nei confronti della soluzione a due Stati e degli insediamenti e Gerusalemme, non prometta di spingere i negoziati verso un accordo equilibrato.

Quanto all’auspicata adesione egiziana all’interno di una coalizione regionale araba per limitare i poteri dell’Iran, la situazione attuale non richiede un tale impegno da parte dell’Egitto, nonostante quest’ultimo si opponga alla condotta dell’Iran nella regione. Se da una parte, dunque, l’ascesa di Trump potrebbe portare a un miglioramento dei rapporti tra Egitto e Stati Uniti, dall’altra è necessario tener conto delle divergenze, al contrario di ciò che fanno gli ottimisti.

Amir Shalaby è l’ex ambasciatore egiziano in Norvegia e direttore esecutivo del Consiglio per gli Affari Esteri d’Egitto.

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