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Egitto: la democrazia è (ancora) la soluzione

0212_EgyptDivided_full_600di Khaled Diab (Daily News Egypt 30/07/2013). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

Segno di quanto la situazione abbia preso una strana piega è che la Al-Jamaa Al-Islamiya sembra ora uno degli attori più sensibili sulla scena politica: il gruppo ha detto che preservare lo Stato dipende da una genuina riconciliazione basata sul rispetto della Costituzione e della legittimità. Malgrado il credo a oltranza del gruppo nella sharia come sistema “completo e perfetto”, questo messaggio conciliatorio è una lontana eco degli anni ’90 quando l’organizzazione era impegnata in una insurrezione violenta che mirava a distruggere lo Stato. Ciò comprendeva l’assassinio dell’intellettuale secolarista Farag Foda e il massacro a Luxor nel 1997.

Nel frattempo, lo Stato che Al-Jamaa non è riuscita a distruggere, sembra stranamente fermo nell’autodistruzione o quantomeno nell’implosione, mentre la Fratellanza Musulmana – da cui Al-Jamaa si è distaccata quando la prima ha abbandonato la violenza – incrementa la propria retorica infuocata e rifiuta ogni dialogo o compromesso. Allo stesso modo, l’esercito porta avanti la propria istigazione e si impegna in giri di vite sempre più violenti contro i sostenitori del deposto presidente Mohamed Morsi.

La scorsa settimana, il generale Abdel Fatah al-Sisi ha invitato la gente a scendere in piazza per dare allo SCAF un “mandato” con cui “affrontare possibili violenze e il terrorismo”. Preoccupante è che molte persone intelligenti abbiano risposto alla sua chiamata. Delude che alcuni movimenti anti-Morsi per via della sua tirannia, abbiano deciso almeno per ora di immischiarsi con l’esercito che ha disgusto per la libertà. Prendete i Tamarod: dopo la loro campagna, hanno invitato la gente a mostrare sostegno per Al-Sisi. Sono state riportate le parole che avrebbe pronunciato il leader dei Tamarod, Mahmoud Badr: “Chiediamo a tutte le persone di scendere in piazza a sostegno delle loro forze armate (…) nel fronteggiare violenze e terrorismo praticati dalla Fratellanza Musulmana”.

Giocare la carta del terrorismo – che arriva dritta dal neo-conservatorismo e da Mubarak – non fa che alimentare la demonizzazione e porta all’escalation. A prescindere dagli errori che la Fratellanza può o non può aver commesso, ciò che conta è l’uccisione di civili disarmati, come avvenuto nel massacro di sabato. Non solo ciò non combatterà il terrorismo, ma conta come atto di terrore sancito dallo Stato.

Per fortuna c’è chi in modo sempre più consistente sta dichiarando di non essere né dalla parte della Fratellanza né dalla parte dell’esercito. Gli stessi Tamarod stanno compiendo alcuni passi in questa direzione: “La nostra campagna sostiene i piani dello Stato nella lotta al terrorismo,” ha detto Badr domenica, “Ma abbiamo già fatto presente che tale sostegno non include le misure straordinarie o il contraddire libertà e diritti umani”. L’orwelliano apparato dello SCAF è stato smantellato nel 2011 grazie alla rivoluzione e non sorprende che gli stessi Tamarod abbiano rifiutato il “ritorno della sicurezza di Stato alla Mubarak”. Il punto è proprio questo: Mubarak, Tantawi, Morsi e ora Sisi sono tutti frammenti della stessa veste autoritaria.

Morsi, la Fratellanza e gli islamisti hanno dato prova definitiva del fatto che l’islamismo non è la soluzione. Molto presto la gente si renderà conto (di nuovo) che al-Sisi e lo SCAF non sono certo la risposta. Ciò che ci serve è una terza via, in cui la religione è individuale, l’esercito è per la difesa contro l’aggressione straniera e la nazione è per tutti: secolaristi e islamisti, giovani e anziani, donne e uomini, poveri e ricchi. Un efficace, potente e altamente simbolico modo di realizzare ciò è riportare in vita la bozza costituzionale del 1954, che giace dimenticata a prendere polvere da decenni nel seminterrato della Lega Araba.

Mostrando una notevole lungimiranza dei pericoli a venire, quella bozza era riuscita a plasmare l’Egitto come una democrazia parlamentare, che avrebbe evitato di far accumulare alla presidenza i poteri arbitrari di cui ora gode. Appare anche piena di ideali progressisti, tra cui “libertà assoluta di credo”, libertà d’espressione, diritti dei lavoratori, diritti delle donne, giustizia sociale e solidarietà, anche per gli stranieri che non godono degli stessi diritti nei loro luoghi natali. Se questa Costituzione fosse divenuta il documento fondante

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della repubblica, l’Egitto oggi sarebbe stato molto diverso, e un posto di gran lunga migliore. Adottarla, anche se in ritardo, aiuterebbe l’Egitto gettando le basi per la vera uguaglianza.

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