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Egitto: arrestati in un bagno pubblico per “incitamento all’omosessualità”

Al-Bawaba, EgyPress. Traduzione e sintesi di Lorenzo P. Salvati.

Fino a 33 persone sospettate di omosessualità sono state arrestate lunedì scorso dalle autorità egiziane in un hammam nel centro del Cairo, con l’accusa di “dissolutezza e atti osceni in luogo pubblico”. Dopo essere stati picchiati, gli uomini sono stati trascinati nudi in commissariato, dove hanno ricevuto un fermo di quattro giorni. Le immagini dell’umiliazione hanno avuto una eco importante sulla stampa del Paese.

L’operazione di polizia, diretta dal prefetto, è stata autorizzata dagli alti vertici del Pubblico Ministero egiziano. Benché in Egitto non esistono leggi che vietino esplicitamente i rapporti tra persone dello stesso sesso, le autorità giudiziarie perseguono gli omosessuali con l’accusa di “atti immorali contrari alla pubblica decenza”, un reato punibile con il carcere.

Fra gli arrestati, tutti egiziani, anche lo staff del locale e il proprietario, accusato di aver trasformato un luogo deputato all’igiene personale in un’alcova di perdizione e promiscuità. Secondo gli inquirenti il gestore avrebbe approfittato della attuale repressione governativa che ha portato alla chiusura di numerosi locali a Ramses, un quartiere nel centro del Cairo particolarmente frequentato dai gay.

Secondo EgyPress l’intera operazione sarebbe frutto di una collusione tra forze di polizia e mezzi di informazione filogovernativi, i quali hanno dato ampia risonanza alla vicenda. In particolare il canale televisivo Al Kahera Wal Nas, che ha immediatamente riportato la notizia dell’arresto, avrebbe infiltrato degli informatori all’interno del hammam per cogliere in flagrante le persone coinvolte e legittimare l’intervento delle forze dell’ordine. La questione è grave. I mezzi di informazione pro El Sisi, agendo in combutta con lo Stato, hanno il potere di invadere la sfera privata dei cittadini e pubblicare immagini compromettenti che distruggono la vita delle persone innocenti. In molti su Facebook hanno criticato l’operazione mediatica definendola un assalto alle libertà dell’individuo.

L’omosessualità è considerata un tabù in Egitto. Un’ampia fetta della popolazione discrimina i gay e i raid polizieschi, all’ordine del giorno, fanno parte di un nuovo giro di vite contro ogni forma di dissenso, sia da parte islamista che liberale.

Il mese scorso un tribunale egiziano ha ritenuto colpevoli otto uomini di “incitamento alla dissolutezza” dopo essere apparsi in un video che celebrava le prime nozze gay del Paese, condannandoli a tre anni di prigione

Nel 2001 ha fatto il giro del mondo la notizia dell’arresto di 52 persone nel corso di un blitz poliziesco in un battello ormeggiato sul Nilo, con l’accusa di partecipare ad una festa gay. Dopo un processo sommario, ampiamente criticato dagli attivisti per i diritti civili e dai media occidentali, la metà degli imputati è stata incriminata per “violazione dei precetti religiosi e diffusione di idee depravate”, con una pena massima di cinque anni di carcere.

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