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Echi del 1789 al Cairo

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Egitto - deposizione MorsiDi Rami G. Khouri. The Daily Star Lebanon (06/07/2013). Traduzione di Cristina Gulfi

Sostengo con entusiasmo la volontà degli egiziani, perché ogni popolo che un tempo venerava i gatti e di recente è riuscito a rovesciare due regimi – uno dittatoriale e militare, l’altro teocratico e criminale – è caratterizzato da saggezza e sensibilità. Il punto è definire quale sia la vera la volontà degli egiziani.

In questo senso, stabilire se la deposizione del presidente Morsi da parte dell’esercito è stato o meno un colpo di stato è un esercizio affascinante quanto inutile. Occorre piuttosto focalizzarsi su principi quali legittimità, partecipazione e responsabilità – e sulle opinioni di più di 80 milioni di egiziani che in ultima analisi decideranno le sorti del Paese.

Il processo di transizione democratica avviato nel 2011 ha avuto degli intoppi, senza riuscire a raggiungere una condizione di democrazia stabile e di governo pluralista. Al contrario, i Fratelli Musulmani hanno monopolizzato il potere, innescando una massiccia controrivoluzione.

Un passo falso del genere è abbastanza comune agli esordi della sovranità nazionale, motivo per il quale gli orientalisti di tutto il mondo che oggi, guardando agli arabi, si chiedono se siano in grado di raggiungere la democrazia non dovrebbero esagerare la portata di questo evento. Anche gli Stati Uniti – faro della democrazia – all’inizio sostituirono gli Articoli della Confederazione ed Eterna Unione del 1776 con la Costituzione del 1789.

Ogni democrazia merita un’altra possibilità. Spesso – insegnano gli americani, che oggi non ci risparmiano le loro lezioni – la tra prima e la seconda possibilità intercorrono una guerra civile, il genocidio di popolazioni indigene, il razzismo istituzionale contro i neri, la privazione dei diritti delle donne. Tutto ciò prima che una democrazia stabile emerga due secoli più tardi.

Alla luce di questi cenni storici, come valutare la deposizione di Morsi da parte delle forze armate? Come giudicare una situazione in cui la maggior parte della popolazione approva un crimine? Un crimine è sempre tale se la maggioranza è a favore? O il sostegno popolare trasforma il crimine in un’affermazione di democrazia?

Gli attori principali della scena politica egiziana – le forze armate, i Fratelli Musulmani con i loro sostenitori e i milioni di cittadini che sono scesi in strada contro Morsi e il suo partito – stanno per entrare nella fase due della transizione dell’Egitto da autocrazia militare a piena democrazia su base civile, passando attraverso un periodo di governo militare. Si suppone che ognuno abbia tratto degli insegnamenti dagli ultimi due anni e mezzo. E infatti tutti gli attori chiave sono molto cambiati rispetto al gennaio 2011.

Il popolo è rinvigorito dalla consapevolezza che la manifestazione pacifica del proprio dissenso è ancora in grado di determinare cambiamenti storici. I Fratelli Musulmani e gli altri islamisti sono umiliati dal fatto che la fiducia divina non basta per rimanere al potere, ma che devono imparare a ben governare e ad agire in senso pluralistico. D’altro canto, anche le forze armate sono frenate dalla legittimazione popolare: nel deporre Morsi dal suo ufficio hanno cercato il sostegno di figure civili e religiose, cosa di cui non hanno avuto bisogno quando hanno preso il potere due anni e mezzo fa.

In particolare i giovani del movimento Tamarod, che ha organizzato e guidato le manifestazioni del 30 giugno decretando la fine della presidenza Morsi, hanno imparato una lezione importante sull’impegno in politica, specie in vista della nuova sfida costituzionale ed elettorale dei prossimi mesi.

In conclusione, sarebbe un errore giudicare l’esercito o qualsiasi altro attore chiave secondo i canoni del 1952, del 2009 o anche del 2011. Per l’Egitto il 2013 è come il 1789 per gli Stati Uniti: segna una nuova comprensione dell’efficacia politica, una nuova considerazione dei vincoli che derivano dal popolo ed una nuova raffinatezza nel coniugarle per realizzare le aspirazioni rivoluzionarie degli anni passati.

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