Egitto Zoom

È morto Mohammed Hassanein Heikal, parte della storia e della coscienza di una nazione

Al-Quds al-Arabi (17/02/2016). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini.

È difficile piangere qualcuno della grandezza di Mohammed Hassanein Heikal. Non solo perché non c’è bisogno di piangere, ma anche perché la sua importanza nazionale, professionale e personale, seppur a volte controversa, e i suoi otto decenni di attività nel suo campo, fanno si che fosse una personalità molto permeante.

Questo non esonera lo stato egiziano da porsi domande legittime sulla partecipazione popolare al funerale e sull’assenza di qualsiasi rappresentante ufficiale per salutare un uomo che ha contribuito alla storia di una nazione e a tessere la sua coscienza per molti anni. Soprattutto visto che Heikal ha rivestito un ruolo ufficiale come Ministro della Cultura nel 1970, nonostante l’opposizione del Presidente Abdel Nasser.

Anche l’establishment militare dovrebbe ricordare il suo ruolo nella storia nazionale. Lui infatti  ha diretto un piano strategico deludente contro Israele e ha contributo all’operazione di trasporto dei missili verso il fronte, mossa che si è rivelata necessaria per vincere alcune battaglie dell’ottobre del 1973, durante la Guerra dei sei giorni.

Fatta eccezione per poche voci che non hanno esitato a mostrarsi compiaciute per la sua dipartita, la generazione successiva, composta da suoi studenti, fan e lettori, ma anche suoi oppositori, riconoscono il valore di quel momento storico: l’Egitto era una nazione coinvolta in un conflitto che è diventato una parte essenziale della sua memoria, riuscendo in seguito ad estendere la sua influenza fino a ricoprire un ruolo di prestigio internazionale. Questo l’ha consacrato a miglior giornalista a livello mondiale del ventesimo secolo, a parere di molti.

È normale per uno scrittore, pensatore e politico come Heikal avere avuto nemici e oppositori, ma lui non faceva differenza tra chi lo sosteneva e chi gli si opponeva quando era questione di essere d’accordo o meno.

Vorrei fermarmi velocemente su due tappe del percorso di Heikal, da cui emerge un frammento dell’eccezionalità di quest’uomo.

Il primo è stato il motivo principale del disaccordo tra Heikal e l’ormai defunto presidente Anwar Sadat. Heikal criticava la politica del regime e riteneva che Sadat sprecasse il valore della vittoria di ottobre invece di esaltarlo e trarne beneficio nell’interesse della causa araba. Aveva denunciato la fretta che Sadat aveva avuto nel raccontare all’allora ministro degli Esteri americano Henry Kissinger la sua intenzione di iniziare un cessate il fuoco e di non aver sviluppato un attacco offensivo per riprendere il Sinai. Gli rimproverò anche il successivo avvicinamento di Sadat agli Stati Uniti in seguito alla guerra. Come conseguenza perse il suo posto di capo editor del giornale Al-Ahram nel febbraio del 1974. Sadat non si dimenticò le critiche subite, ma si vendicò arrestandolo nel 1981.

In secondo luogo, Heikal fu il primo che, durante un’intervista televisiva in Egitto, suonò un campanello d’allarme, prevedendo che l’allora presidente Hosni Mubarak desiderasse trasmettere il suo potere al figlio. Le sue parole sono riuscite a suscitare un dibattito generale, hanno irritato Mubarak e hanno quasi causato la chiusura del canale satellitare su cui è andata in onda l’intervista, ulteriore prova che lui possedesse l’abilità di riuscire a influenzare il mondo politico e l’opinione pubblica. Questo gli è costato l’allontanamento da apparizione pubbliche dopo che aveva lasciato il giornale Al-Ahram. La sua critica nei confronti di Mubarak, però, è continuata, attaccando il suo desiderio di voler restare al potere e lo spiegamento delle forze di sicurezza contro i suoi avversari.

Questa non è che una piccola parte di quello che si può dire su quest’uomo legato al suo prestigio nazionale e professionale e alle sue convinzioni intellettuali, in un perodo in cui i cuori e le penne cambiavano direzioni come banderuole.

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