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Donne contro donne

donne contro donneDi Joumana Haddad. Lebanon Now (21/01/13). Traduzione di Alessandra Cimarosti.

“Non mi auguro che le donne abbiano potere sugli uomini, ma su sé stesse”. – Mary Wollstonecraft

L. è una libanese di 32 anni che ho incontrato durante il corso per la ricerca che sto facendo per un libro che sta per uscire. Mi ha raccontato la sua dolorosa storia senza battere ciglio. Sua madre iniziò a costringerla a fare tutti i lavori di casa, quando lei aveva appena 7 anni. Doveva salire su una sedia di plastica per lavare i piatti. Sua madre non si è mai interessata alla sua educazione, ai suoi vestiti, al suo nutrimento. Tutto ciò che le interessava era il benessere del fratello maggiore di L.. L. doveva servirlo così come la madre serviva il padre. L. mi aveva detto che sua madre aveva intenzionalmente evitato di farle fare dei vaccini obbligatori. Non le interessava se si ammalava. Al contrario invece, se il fratello avesse mostrato qualche sintomo di malattia, sarebbero immediatamente corsi dal medico. L. è cresciuta convinta del fatto che gli uomini sono più importanti delle donne. Ma poi, fortunatamente, ha cambiato idea.

S. è una mia cara amica egiziana che adesso vive e lavora in Libano. La cosa che l’ha più sconvolta della sua agghiacciante storia è stato il fatto che la madre quando aveva 10 anni la trascinò, senza chiederle il consenso, in sala operatoria per la mutilazione genitale, in condizioni poco igieniche. Fu dunque sua madre a privarla del diritto di provare piacere sessuale e a provocarle ricorrenti infezioni urinarie e vaginali, per non parlare del trauma senza fine che può risultare dall’essere “tagliati da quelle parti”.

M. è una giovane studentessa universitaria. È brillante, vivace ed estroversa. Ha raccontato di essere cresciuta in una famiglia aperta mentalmente, nella quale si parlava di molti argomenti, senza tabù. Un giorno sua madre le chiese scherzando se fosse ancora vergine e quando M. le rispose di no, sua madre, sconvolta e arrabbiata, prese un appuntamento col ginecologo al fine di farle ricostruire l’imene. M. rifiutò e così sua madre le tolse la parola.

A. si sentiva poco bene e quindi tornò prima dal lavoro, trovando il marito a letto con la donna di servizio. Volle immediatamente il divorzio. Quando sua madre le chiese cosa era successo, A. glielo spiegò e il consiglio della madre fu quello di essere paziente. Disse che non era “normale” che questo potesse rovinare la sua famiglia e la sua reputazione per uno stupido “capriccio”, visto che gli uomini hanno bisogni sessuali stravaganti che una moglie deve sopportare. “Ignoralo semplicemente” le disse. Fortunatamente A. non lo fece.

D. è una teenager giordana. Nel corso della stessa ricerca di cui ho parlato sopra, mi confidò che a sua sorella fu tagliata la gola, all’età di 20 anni, perché aveva passato la notte fuori con un uomo e la famiglia sospettava che non fosse più vergine. Erano stati suo fratello, il padre e i suoi quattro cugini a compiere il cosiddetto “omicidio d’onore”. La madre della vittima non aveva fatto nulla per evitare il crimine e addirittura aveva sputato sul corpo della figlia massacrata. D. mi chiese, nella fine della sua lettera, “Hai mai sentito di una donna araba che taglia la gola a suo figlio perché ha fatto sesso senza essere sposato?”. Chiaramente, era una domanda retorica.

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Questa è una triste storia: molte donne sono un fetido prodotto del sistema patriarcale. Sto parlando di donne che scelgono uomini dominanti, invece di uomini rispettosi; donne che si augurano di dare alla luce bambini, invece di bambine; suocere che torturano le giovani nuore e le comandano a bacchetta; ragazze che pensano che più un ragazzo le ignora e le tratta male, più è attraente; donne in carriera che abusano di donne che lavorano per loro; donne che educano i propri figli ad essere machi e le proprie figlie ad essere addomesticate e addomesticabili; donne che rimangono in silenzio quando le figlie subiscono un abuso, che sia esso fisico o psicologico; donne che costringono le figlie ad interventi per la ricostruzione dell’imene o per la mutilazione genitale; donne che predicano ad altre donne di rimanere a casa e non partecipare alla vita politica, sociale ed economica del proprio paese; donne che insegnano ad altre donne l’obbedienza e la sottomissione perché questo è ciò che Dio vuole per loro; donne che disdegnano, odiano o lottano contro donne in carriera; donne che incoraggiano le proprie figlie a sposarsi a 14 anni o ad essere “pazienti” se i propri mariti le picchiano… Ma principalmente, donne che sono davvero e profondamente convinte che gli uomini siano i più forti, siano superiori, il sesso vincente… mi sto riferendo all’ignoranza di madri, alla superficialità di ragazze, alla rassegnazione delle figlie, all’auto-vittimizzazione delle sorelle, alla passività delle mogli e così via. Le orrende manifestazioni della donna patriarcale (che sia cosciente o incosciente, che sia per vendetta o reale convinzione) nelle nostre società e culture sono senza fine.

Ora, prima che si inizi a protestare dicendo che sono una traditrice del mio stesso genere, lasciatemi assicurarvi che non sto “incolpando le vittime” qui. Non sto generalizzando. Non TUTTE le donne sono così. E ovviamente gli uomini sono responsabili in gran parte dell’oppressione e della violenza che le donne subiscono nel mondo. Ma anche alcune donne sono responsabili. Sono certa che molte donne che leggeranno questo articolo ammetteranno segretamente che sono state oggetto dell’oppressione e tirannia femminile, in qualche momento della loro vita. E nessun vero cambiamento avrà luogo se  non evitiamo questo fatto disgraziato, se non identifichiamo il nemico che abbiamo dentro, se non iniziamo a credere nel nostro potenziale e nelle nostre capacità, se non superiamo la pericolosa e diffusa confusione tra “patriarcale” e “maschio”.

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Molte donne che subiscono discriminazioni e vivono in condizioni difficili e di oppressione mi chiedono “Cosa potremmo fare per migliorare le nostre vite?”. Bene, in un ambiente nel quale si dice loro che la casa è l’unico posto dove stare e che il loro unico ruolo è quello di crescere i bambini, si potrebbe iniziare dalle basi: indurre i propri figli a volere di più e il meglio per la propria vita. La maternità è un potentissimo strumento per il cambiamento. Tutti i cambiamenti iniziano col desiderio di cambiamento e l’educazione è la chiave del processo. Così, invece di lamentarsi dei propri destini ingiusti, invece di cadere nello stesso circolo vizioso, le donne potrebbero cominciare ad educare i propri figli in modo che possano arrivare ad un maggiore rispetto e alla comprensione dell’altro sesso, evitando tutte le ingiustizie terribili e i complessi assurdi ai quali assistiamo ancora oggi.

In una cultura che santifica “la madre”, è arrivato il momento di riconoscere – e curare – una realtà vergognosa:  la mano che dondola la culla è la stessa che a volte, volontariamente o inavvertitamente, la rompe.

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