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Donne arabe: tra velo e abusi

Al-Hayat (18/09/2012). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi

La violenza sessuale è stata uno strumento di guerra nelle mani di Gheddafi. Tutti ricordiamo Iman Al-Obeidi, che si rifugiò in un hotel pieno di giornalisti e raccontò loro di aver subito uno stupro di gruppo, prima che le forze di sicurezza la portassero in un luogo sconosciuto.

Prima della rivoluzione libica, le donne vittime di abusi sessuali venivano rinchiuse in “centri di riabilitazione” molto simili a delle prigioni, fino a quando le famiglie andavano a riprenderle o un uomo accettava di sposarle.

Allo stesso modo, in Siria lo stupro è servito ad annientare le fila dei ribelli. All’ombra del regime si è fatto avanti il gruppo delle Qubaisiate ed è aumentato il numero delle donne velate, in seguito alla diffusione di una cultura religiosa conservatrice.

Negli ultimi quarant’anni, anche in Egitto le donne velate sono aumentate in modo esponenziale, nonostante al potere ci fossero i militari e non gli islamisti. L’abuso sessuale, dalle molestie allo stupro, è un problema radicato che di recente ha avuto il massimo della visibilità attraverso Internet.

Se la povertà e la mancanza di prospettiva di riforme politiche ed economiche sono tra le cause dell’islamizzazione della vita quotidiana in Egitto, le autorità politiche precedenti hanno consolidato questa tendenza, aiutate da quelle religiose. Cinema, televisione, perfino alcune applicazioni per i cellulari ne sono un segnale.