Politica Zoom

Decisione differita

Di Abd al-Rahman al-Rashed (Al Sharq al-Awsat 23/4/2012).

Altri tre mesi sono stati oncessi al regime di Bashar al-Assad, le cui truppe potranno uccidere e ditruggere fino ad agosto. Alla fine dell’estate 300 osservatori internazionali dovranno scrivere i loro rapporti, il rapporto che tutti conoscono: le truppe governative usano la violenza, sparano sui manifestanti e bombardano i loro quartieri. Tra gli osservatori ci sarà anche chi scriverà che ci sono gruppi armati, senza tenere in considerazione che la gente si difende all’interno dei propri quartieri.

Le discussioni al Consiglio di sicurezza dell’Onu riprenderanno solo dopo agosto, ovvero passerà la primavera, passerà l’estate e in autunno il Consiglio di sicurezza tornerà a rivedere i rapporti degli osservatori. Allora si discuterà se il regime siriano usa la violenza o meno, quando tutti sanno che sta compiendo un massacro, e non è solo violenza. “Massacro” è la parola usata che il presidente francese Nicolas Sarkozy ha ripetuto qualche giorno fa, in riferimento a quanto hanno fatto le truppe di al-Assad nella città di Homs, mentre ora il massacro sta svuotando la città dai suoi abitanti. Quartieri residenziali bombardati dall’artiglieria, nonostante non ci siano combattenti da quando i quartieri di Bab Amro, al-Khalediya e al-Beyada sono stati distrutti. Le loro case vengono brutalmente e indiscriminatamente bombardate dall’annuncio del cessate il fuoco il 10 aprile, il che confermerebbe l’esistenza di un piano per svuotare la città dei suoi abitanti.

Purtroppo l’esercito governativo non si accontenta di svuotare le città, cacciandone gli abitnti quando vogliono fuggire nella speranza di salvarsi. Ciò non avviene solo nei dintorni di Homs o ai confini con la Turchia, ma ovunque nel paese. Due giorni fa l’esercito ha intercettato i rifugiati in fuga da Deraa, tendendo loro un’imboscata malgrado avessero superato la linea del fronte di diversi metri, in direzione dei confini. A fuggire erano diverse famiglie, circa 200 persone, dei quali solo 56 sono riusciti a oltrepassare il confine arrivando nei campi profughi. Gli altri sono tornati indietro, respinti verso la Siria dall’esercito, mentre le forze di sicurezza hanno proceduto ad arrestarne circa 35.

Qual è la soluzione di fronte a questa situazione incresciosa? L’Onu concede 3 mesi al regime senza dire cosa succederà in seguito. Si sa solo che le sedute del Consiglio di sicurezza si terranno a settembre, per esaminare i rapporti degli osservatori internazionali. Poi cosa accadrà? Nella migliore delle ipotesi si voterà una risoluzione che imponga sanzioni al regime siriano, cui quasi sicuramente la Russia opporrà il veto. Così si concluderà la missione degli osservatori: con un nulla di fatto. Probabilmente il Consiglio di sicurezza sarà turbato dal proseguire delle uccisioni e della distruzione, finché le riunioni successive non si terranno a dicembre, quando inizieranno le vacanze di fine anno.

Di fronte a tale situazione non possiamo continuare ad attendere la soluzione pacifica caldeggiata dal Segretario generale della Lega Araba Nabil al-Arabi, che invita gli stati a respingere l’ingerenza e l’impegno sul campo. Si tratta di un errore di valutazione e arriverà un giorno difficile, in cui la gente non gli perdonerà quanto ha fatto e detto. Assistiamo a un’operazione mirata di salvataggio del regime siriano, condotta da un gruppo di governi arabi e non. Malgrado questo gruppo finora non sia stato in grado di fermare la rivoluzione siriana, pur fornendo al regime di Assad denaro, equipaggiamento, uomini, tempo e propaganda, esso tuttavia è riuscito solo a contribuire allo spargimento di sangue. I siriani hanno convissuto con questo regime e il regime non accetterà di cedere il potere e, di conseguenza, non accetterà alcuna eventuale soluzione pacifica, come crede Nabil al-Arabi.

L’unica soluzione futura ancora non sollevata è dare ai siriani la possibilità di difendersi, poiché è questo l’unico mezzo per frenare la feroce macchina bellica e securitaria, nonché il meccanismo della pressione in grado di convincere la Russia a gli altri a liberarsi del loro uomo a Damasco.