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Daesh a Yarmouk, un assedio dentro un assedio

Yarmouk

Di Michael Pizzi. Al-Jazeera (08/04/2015). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

Per gli ultimi palestinesi rimasti a Yarmouk, Damasco, l’arrivo di Daesh (ISIS) una settimana fa è “un assedio dentro un assedio”, dice Salim Salamah, a capo della Lega Palestinese per i Diritti Umani e nativo del campo. Per quasi due anni, il regime di Assad ha soffocato il campo controllato dai ribelli ad appena 10 minuti dal cuore della capitale siriana. L’acqua è stata tagliata del tutto, le risorse mediche ed alimentari sono scarse. L’ONU ha riferito una cifra attorno alle 200 morti per fame.

Ma la piaga del campo è peggiorata il 1° aprile, quando combattenti di Daesh sono entrati a Yarmouk dalla loro roccaforte vicina Hajr al-Aswad avendo rapidamente la meglio su i difensori palestinesi del campo, una milizia vicina a Hamas chiamata Aknaf Beit al-Maqdis. Martedì, Daesh aveva preso il controllo di oltre il 70 percento del campo, assistito – secondo alcune fonti – da elementi del Fronte al-Nusra, ramo di Al-Qaeda in Siria ed in genere rivale di Daesh.

Fonti sul terreno descrivono una scena terrificante. Farouq al-Rifai, attivista di Yarmouk che parla da un “quartiere adiacente” ma è in contatto con molti nel campo, riferisce di battaglie in strada e fuoco di cecchini che dai tetti ha ucciso sia combattenti che civili. Gli ultimi operatori dell’assistenza nel campo sono stati costretti a fuggire, dopo che alcuni di loro sono stati uccisi ed altri rapiti da Daesh.

Intanto, gli elicotteri del regime si aggiungono al caos sganciando i loro barili-bomba “su tutto il campo, nord, sud, ovest, est,” dice Salim. La gente sta finendo il cibo ma “non può lasciare le proprie case per trovarlo perché non sanno dove avranno luogo gli scontri”. Yarmouk, già paralizzato dalla morsa del regime, è stato un bersaglio facile per Daesh che si trova ora più vicino che mai alle storiche porte di Damasco. “Daesh vuole controllare il campo per annunciare uno “Stato di Damasco”, dice al-Rifai.

Al contempo, molti accusano il regime di aver permesso a Daesh di avere il sopravvento su Yarmouk. Secondo Lina Khatib, direttrice del Carnegie Middle East Center, il regime “non ha ostacolato i combattenti di Daesh che hanno assaltato il campo” ma piuttosto “ha calcolato che il sopravvento di Daesh avrebbe dato un risultato molto più grande: aprire una crepa all’interno del Fronte al Nusra”. I palestinesi vedono la crisi umanitaria a Yarmouk come prova del fatto che le entità politiche più importanti della diaspora li hanno abbandonati.

Quando Assad ha stretto la morsa dell’assedio nel 2013, tutte le grandi fazioni politiche palestinesi con una presenza a Yarmouk, inclusa l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), se ne sono andate. Attivisti palestinesi locali hanno in tal senso scritto di recente una nota in cui definiscono l’OLP “complice dell’uccisione dei civili palestinesi”. “Col suo abbandono del campo l’OLP ha offerto a Daesh e al regime il campo su un piatto d’argento”.

In un disperato tentativo di salvare gli abitanti di Yarmouk, attivisti e gruppi di soccorso stanno facendo appello affinché venga aperto un corridoio umanitario, soprattutto per far scappare le persone. Il Consiglio di Sicurezza ONU ha ripetuto l’appello martedì. Per i palestinesi, ad ogni modo, non c’è una fuga permanente dalla crisi. Paesi vicini come Giordania, Libano e Turchia hanno vietato alla maggior parte dei rifugiati palestinesi di oltrepassare i loro confini, facendone una questione di carte d’identità non valide.

“I palestinesi sono più intrappolati di chiunque altro,” dice Salim Salamah al riguardo, “Sono intrappolati anche dal loro status di apolidi”.

Micheal Pizzi è un digital news producer che lavora per Al-Jazeera.

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