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La corrente democratica e le manifestazioni contro il terrorismo dell’ISIS

Di Muayyid Nagi. Elaph. (19/08/2014). Traduzione e sintesi di Giusi Forrisi.

La corrente democratica ha organizzato in molti Paesi europei manifestazioni contro gli atti terroristici compiuti dall’ISIS e dai suoi alleati. Nonostante il gran numero di iracheni presenti in molti Stati d’Europa e la gravità dei crimini commessi, il numero dei partecipanti a queste manifestazioni non ha superato che qualche decina.

Come tutti sanno, e tra questi anche la leadership della corrente democratica, le forze governative e le milizie hanno compiuto uccisioni e deportazioni di ampia portata che hanno colpito migliaia di persone nelle province di Mosul, Anbar, Diyala, Salah al-Din e in alcune aree di Baghdad. Tutto ciò è avvenuto in modo regolare e per un lungo lasso di tempo che copre più di tre anni.  Gli avvenimenti verificatisi in questo periodo sono stati persino documentati dalle organizzazioni internazionali, tuttavia non si è mai sentito che la corrente democratica fosse in alcun modo interessata ad organizzare manifestazioni al fine di denunciare tali atti.

Nelle manifestazioni che sono state organizzate recentemente è invece comparso lo slogan “No al terrorismo dell’ISIS”: noi abbiamo ritenuto che tale slogan non fosse abbastanza e abbiamo così proposto di completarlo con la dicitura “No al terrorismo delle milizie”, ottenendo però un rifiuto categorico. Dunque, lo slogan effettivo di chi non ha accettato di condannare il terrorismo delle milizie e delle forze governative è stato “No al terrorismo dell’ISIS, sì al terrorismo delle milizie”. Ciò ha rafforzato la spaccatura e la divisione all’interno della società irachena.

Ma c’è dell’altro: le manifestazioni non scoraggeranno gli atti criminali, né riveleranno coloro che li hanno compiuti, poiché le organizzazioni come l’ISIS non tengono conto degli atti di protesta: sono un’organizzazione terroristica che uccide, dichiarandolo pubblicamente e facendosene un vanto. Pertanto le manifestazioni avrebbero dovuto piuttosto indurre a rivelare le circostanze, le cause e i misteri di questi crimini e puntare il dito contro gli autori. Inoltre, gli organizzatori delle manifestazioni avrebbero dovuto prendere in considerazione il fatto che le forze governative possedevano più di 20.000 combattenti dotati di attrezzature all’avanguardia eppure hanno lasciato le loro postazioni di fronte all’attacco di 500 terroristi. Ciò ci induce a pensare che il vero colpevole delle vittime dell’ISIS è colui che le ha lasciate senza protezione e non ha compiuto il suo dovere.

I manifestanti avrebbero quindi dovuto elevare non solo slogan di denuncia, ma anche interrogativi come “Chi è responsabile?” oppure “Il compito fondamentale dello Stato è di proteggere i cittadini: e allora dov’era lo Stato?”.

Le uccisioni, i saccheggi e il tirarsi indietro da parte delle milizie e delle forze governative non hanno fatto altro che spianare la strada all’attività di questa organizzazione terroristica.

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