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Una conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Medio Oriente

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Di Seyed Hossein Mousavian e Nassif Hitti. Asharq Al-Awsat (10/06/2014). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

Il Medio Oriente è una regione in tumulto, lacerata da varie crisi ed interessata da un importante processo di trasformazione. Alla luce di ciò, è opportuno considerare la necessità di istituire una conferenza sulla sicurezza e la cooperazione, che riunirebbe gli Stati arabi, l’Iran e la Turchia.

Il fine non sarebbe la creazione di un quadro istituzionale che vada a sostituirsi o a competere con le organizzazioni regionali già esistenti. L’aspirazione non sarebbe affrontare o risolvere tutti i problemi, ma  piuttosto costituire il luogo adatto per trattare tali questioni. L’obiettivo principale sarebbe prevenire e contenere le crisi, sviluppare un approccio per affrontarle, allentare le tensioni e contribuire a dialogo. 

Il presupposto è che nessun membro avrebbe il potere di escludere gli altri dalla discussione di questioni di interesse comune, a prescindere dalle differenze e dall’equilibrio di potere. La logica dell’esclusione, infatti, è pericolosa: essa porta allo scontro, diretto o indiretto. Ugualmente dannoso è l’approccio attendista, in base al quale si spera che le divergenze vengano appianate dall’intervento di attori esterni o che si risolvano da sole.

Le quattro principali potenze regionali – Arabia Saudita, Egitto, Iran e Turchia – possono, anzi dovrebbero prendere l’iniziativa e lanciare un simile processo. Questo quartetto, insieme agli altri Stati della regione, ha molte questioni in comune. Tali interessi possono essere meglio trattati all’interno di una conferenza come quella proposta, che potrebbe permettere di evitare nuove crisi, contenere quelle esistenti, sviluppare intese migliori ed elaborare approcci condivisi.

Inoltre, il Medio Oriente ha di fronte molte sfide: il ritorno di una guerra fredda regionale, la minaccia di Stati falliti (o che stanno per diventare tali), il riemergere di un forte transnazionalismo attraverso l’ascesa dell’islamismo e del settarismo, il consolidamento del terrorismo jihadista lungo le sponde del Mediterraneo, la rinascita di identità sub-nazionali. Tutto ciò costituisce una minaccia al tessuto degli Stati esistenti, lasciando spazio a diverse forme di ingerenza.

Gli abitanti dei Paesi arabi, dell’Iran e della Turchia sono condannati a vivere per sempre insieme in questa regione. Hanno bisogno di parlare l’uno con l’altro, invece che dell’altro. Finché le preferenze e le influenze individuali non saranno canalizzate in un approccio coordinato per garantire l’interesse comune, non sarà possibile ristabilire la pace e la stabilità in Medio Oriente.

La domanda è se le quattro principali potenze regionali coglieranno la sfida. Sapranno unire le forze per trasformare questa idea in una realtà concreta, o rimarranno impigliate in un sempre più frammentato Medio Oriente?

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