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Come siamo arrivati ad applaudire Israele?

Hezbollah Israele

Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsaṭ (20/01/2015). Traduzione e sintesi di Lorenzo P. Salvati.

Strano ma vero. L’attacco improvviso di Israele in cui hanno perso la vita sei miliziani Hezbollah e un leader della Guardia Rivoluzionaria iraniana è stato accolto con entusiasmo dai media arabi. I vertici delle due organizzazioni si erano incontrati segretamente a Quneitra, sul confine siro-israeliano, ed erano sospettati di progettare un attacco contro lo Stato israeliano. Sorprendente la reazione sui social network, con messaggi di soddisfazione provenienti anche da gruppi islamici che festeggiano l’uccisione dei miliziani.

In meno di un decennio, l’ammirazione per Hezbollah si è trasformata in odio. Questa inversione nell’opinione pubblica è conseguenza diretta delle azioni del partito islamista, colpevole di perseguitare gli avversari in Libano e di assecondare la strage di migliaia di civili siriani. A voltare le spalle al gruppo armato sono gli stessi che hanno partecipato alla sua genesi e scelto di appoggiarne la linea politico-militare.

Il dissenso è iniziato dopo gli eventi di maggio 2008, quando le milizie di Hezbollah hanno occupato la parte ovest di Beirut a tre anni dall’assassinio del premier sunnita Rafik Hariri. Alleato dell’Iran, il gruppo armato ha perso poco per volta il rispetto guadagnato con le lotte in nome dell’islam e a favore della causa palestinese. Ma il crollo dei consensi è avvenuto con il coinvolgimento delle milizie libanesi nel conflitto siriano, in cui Hezbollah ha affiancato il regime di Assad ponendo le basi, di fatto, per l’intervento iraniano.

È lecito pensare che in caso di una nuova insurrezione di Hezbollah, molti arabi si schiererebbero a fianco di Israele provocando un cortocircuito ideologico che ben riflette le alleanze mutevoli e gli equilibri incerti del Medio Oriente. L’odio verso l’Iran e Hezbollah non è sinonimo di ammirazione per Israele, ma potrebbe costituire una base di partenza per un processo  di normalizzazione e riconciliazione regionale. Forse non basterebbe a riabilitare la posizione di Israele agli occhi delle popolazioni arabe, ma potrebbe precludere al raggiungimento di un accordo di pace con i palestinesi.

Siamo in un momento di transizione e la mappa delle alleanze è cambiata dal 1948 ad oggi. L’Iran cerca un’intesa con gli Stati Uniti sulla produzione del nucleare e Israele, contrario a qualsiasi tipo di concessione, rappresenta un ostacolo. In caso di placet americano alle richieste di Teheran,  la potenza ebraica potrebbe schierarsi dalla parte degli stati del Golfo per ristabilire l’equilibrio di forze nella regione. Questa anomala alleanza si sta già impegnando a mettere pressione pubblicamente all’amministrazione Obama per costringerla a rinunciare ad accordi che premierebbero le ambizioni nucleari dell’Iran. Tuttavia, la realtà è un’altra e questa forza difficilmente riuscirà a prevalere. Israele deve prima superare le profonde divergenze con il resto della regione.

Abdulrahman al-Rashed è ex caporedattore del quotidiano Asharq al-Awsat e ex direttore generale di Al-Arabiya.

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