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Chi comanda l’Egitto?

di Abdul Rahman al-Rashed. Al-Sharq al-Awsat (08/01/2013). Traduzione e sintesi di Roberta Papaleo. Né gli imam, né i membri dei movimenti salafiti e della Fratellanza riusciranno a proteggere la presidenza di Morsi dalla rabbia della popolazione scatenata dalla svalutazione della moneta egiziana. Ogni singolo cittadino dovrà pagare un prezzo molto alto, non solo i manifestanti di piazza Tahrir, i nasseristi e i copti. A quel punto, i prestiti del FMI o gli aiuti di Qatar e Arabia Saudita non serviranno molto. L’unica soluzione per il governo è quella di ripristinare le relazioni con l’opposizione ed attuare un’ampia riconciliazione che comprenda tutte le fazioni politiche. Solo seguito  saranno capaci di affrontare le future crisi insieme.

Tuttavia, prima che tutto ciò si realizzi dobbiamo tener conto di quanto la scena politica in Egitto si sia frammentata. Il presidente Morsi colpisce l’opposizione con ogni mezzo, per poi apparire sulla CNN e dichiarare che crede nella democrazia. Il primo ministro Hisham Qandil ha cercato di far approvare dal FMI un prestito di 5 miliardi di dollari dopo aver imposto un pacchetto di leggi socialiste che proibiscono agli egiziani di uscire dal Paese con più di 10.000 dollari. Il capo dell’intelligence egiziana ha visitato gli Emirati per dissipare il timore di una eventuale diffusione della Fratellanza Musulmana nel Golfo. Per quanto riguarda Essam al-Erian, figura mediatica di spicco della Fratellanza, ha lanciato una bomba facendo appello al ritorno della comunità ebraica d’Egitto nel Paese, “ingiustamente espulsa da Nasser”. E intanto le forze egiziane hanno arrestato un singolo israeliano che aveva penetrato la frontiera!

Chi comanda l’Egitto? Ai tempi di Mubarak, si diceva che la moglie e il figlio interferissero nelle decisioni del presidente. Oggi, si dice che sia la Guida Suprema dei Fratelli Musulmani a decidere quello che succede. Gira voce che l’Egitto sia governato da un triumvirato, composto dal presidente, dal capo della Fratellanza Mohammed Badi’ e dal suo vice, nonché famoso uomo d’affari egiziano, Khairat al-Shater. Molti credono che sia lui il vero leader e alcuni pensano che sia anche a capo delle cellule della Fratellanza all’estero, come quelle nel Golfo.

Appare chiaro che l’Egitto sta assistendo ad una feroce battaglia tra diversi poteri, come nel 1952, quando Sadat succedette a Nasser. Tuttavia, oggi la situazione è leggermente diversa, dal momento che i centri del potere non sono confinati al palazzo presidenziale. Molti affermano che questa frammentazione è segno di democrazia. Per quanto questo sia vero, il modo in cui i vari fulcri del potere si scontrano sono tutt’altro che democratici, sia che si parli della presidenza, del potere legislativo o giudiziario, persino dei media.

La situazione non preoccupa solo i membri dell’élite, ma tutti i cittadini egiziani che vedono l’impatto sulle loro vite di un’economia paralizzata. Il denaro inviato dagli egiziani che si sono trasferiti a lavorare all’estero costituisce un terzo delle entrate del Paese. Quando questi cittadini vedranno il loro denaro svalutarsi, smetteranno sia di inviarlo in Egitto che di trattare con la sterlina egiziana. A questo punto, tutti i tentativi dei Fratelli Musulmani per rassicurare la popolazione sarebbero inutili. Potrebbero venire tempi duri in cui la Fratellanza si ritroverà perseguitata dal pubblico dell’Egitto.

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