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Che cosa resta del vertice di Camp David?

Camp David

Di George Samaan. Al-Hayat (18/05/2015). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Il vertice di Camp David non ha evidenziato nulla di nuovo nelle strategie politiche che interessano il Medio Oriente. Infatti, se la formazione di un partenariato tra i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG) e gli Stati Uniti apre un nuovo capitolo nella lunga storia di relazioni, politiche o militari, tra le due parti, allo stesso tempo non fa che confermare gli interessi americani nella regione. Già l’allora presidente Jimmy Carter aveva evidenziato una correlazione tra la sicurezza del Golfo e quella statunitense.

La nuova cooperazione mira a garantire maggiore sicurezza, difesa e velocizzazione nei tempi di armamento e lotta al terrorismo, sicurezza marittima, elettronica e protezione contro i missili balistici. Il presidente Barak Obama ha sottolineato l’utilizzo della forza militare americana qualora gli Stati del Golfo fossero esposti ad un’eventuale minaccia.

Al rafforzamento di tali relazioni segue il raggiungimento di quello che per Obama rappresenta l’obiettivo principale: il sostegno per il conseguimento di un accordo generale sul nucleare iraniano. Tuttavia, nessuna delle due parti ha spiegato in dettaglio le condizioni necessarie a tale intesa. Il presidente americano ha assicurato il suo impegno nel “contrastare qualsiasi offensiva iraniana intesa a scuotere la stabilità della regione”. E in tal senso, ha invitato la parte iraniana a “collaborare rispettando i principi di buon vicinato e di non interferenza al fine di preservare una situazione pacifica in linea con i principi delle leggi internazionali e della Carta delle Nazioni Unite”.

Il presidente Obama non ha però chiarito le modalità di contrasto o arresto dell’avanzata iraniana negli affari interni ai vari Paesi arabi, né tantomeno ha presentato un piano di opposizione a tale penetrazione. Il ché vede il presidente non differire molto dalla posizione dei suoi ospiti circa la situazione in Yemen, o meglio circa l’operazione “Tempesta Decisiva” contro gli Houthi. L’Iran di sicuro non starà a guardare, anzi, si dichiara pronta ad intensificare il clima di violenza. Una dichiarazione che si oppone ai piani americani.

Al di là dell’accordo sul nucleare, le posizioni degli Stati Uniti e del CCG non hanno evidenziato rilevanti cambiamenti nei recenti avvenimenti che interessano la regione. Entrambi hanno confermato il loro operato tanto in Iraq quanto in Siria: nel primo caso, hanno esortato il governo ad “una riconciliazione nazionale tra tutte le componenti della società irachena”; nel secondo, invece, hanno premuto su una soluzione politica, come l’unica strategia valida alla conclusione del conflitto. Da parte americana non è stato presentato però alcun disegno per realizzare tali obiettivi.

Dal vertice di Camp David appare evidente, da parte statunitense, una preservazione dei propri interessi nella regione, da cui deriva l’accento sulla stabilità e sicurezza locale. L’America non vuole nemici, sia da parte del Golfo che iraniana. Anzi, l’intento è di coinvolgere quest’ultima nel processo di difesa e sicurezza, sebbene le contese tra i Paesi del Golfo e la repubblica islamica siano difficili da contenere. E l’operazione “Tempesta Decisiva” ne è un esempio.

Con essa, l’Arabia Saudita ha voluto dimostrare all’America e all’Iran di avere gli strumenti adatti a fronteggiare la presenza iraniana nella regione, grazie anche alla formazione di nuovi equilibri, che comprendono tra gli altri anche il Pakistan, la Turchia o la Francia da una parte, e Egitto, Marocco e Giordania dall’altra.

Per concludere, l’Iran si trova a combattere una presenza militare straniera nella regione, incoraggiata proprio dalle sue scelte politiche, che hanno assicurato l’alleanza tra il Golfo e gli Stati Uniti. Una presenza nemica, dal momento che la storia ha dimostrato e ancora dimostra come l’America abbia sempre protetto e difeso i suoi interessi nella regione a discapito di qualsiasi ingerenza esterna.

George Samaan scrive di politica per il quotidiano Al-Hayat.

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