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Cenni di divisione tra i curdi sull’alternativa al Referendum

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Le Nazioni Unite propongono i negoziati e il monitoraggio del Consiglio di Sicurezza, al-‘Abadi suggerisce un intervento militare in caso di violenza

Di Sayyed Abdel Razzak. Asharq al-Awsat (17/09/2017). Traduzione e sintesi di Flaminia Munafò.

Da qualche giorno sono comparsi i primi segnali di divisione tra i curdi circa l’alternativa al Referendum per l’indipendenza proposta dai paesi occidentali e stabilita per il 25 settembre prossimo. Mentre il presidente della regione del Kurdistan, Mas’ud Barzani, ha sottolineato che “il tempo per parlare di scelta è finito”, Mala Bakhtiar – dirigente del partito Unione Patriottica del Kurdistan, guidato dall’ex presidente iracheno Jalal Talabani – ha lanciato un appello affinché la situazione venga presa sul serio.

Durante una riunione con i rappresentanti di Ninive, nella città di Dahuk, Barzani ha dichiarato: “il Referendum è un mezzo e non un obiettivo, abbiamo già detto che se ci fosse un’alternativa migliore l’avremmo accolta, ora però è scaduto il tempo per parlare di alternative. Dopo il Referendum siamo pronti ad indire riunioni serie”.

La Coalizione internazionale guidata da Washington e dalle Nazioni Unite alcuni giorni fa ha presentato un’alternativa ai leader curdi; Asharq al-Awsat e un’agenzia di stampa francese ne hanno rivelato alcuni dettagli: la proposta dell’Onu a Barzani prevedrebbe l’inizio di intensi negoziati organizzati tra il governo iracheno e quello della regione del Kurdistan per arrivare ad un accordo in due o tre anni che “definisca le future relazioni e la cooperazione tra Baghdad e Arbil”. Il documento specifica che “il Consiglio di Sicurezza continuerà a seguire l’evoluzione dei negoziati attraverso rapporti periodici presentati dal Segretario Generale delle Nazioni Unite.”

Il premier iracheno Haidar al-‘Abadi, dal canto suo, ha minacciato di intervenire militarmente nel caso in cui il Referendum per l’indipendenza nel Kurdistan portasse allo scoppio di atti di violenza; ha infatti sostenuto: “se gli iracheni saranno vittime di minacce dovuto all’uso di violenza al di fuori della legge, allora interverremo militarmente”.

Al-‘Abadi considera il Referendum incostituzionale. In un’intervista con l’Associated Press ha infatti dichiarato che “se si sfida la Costituzione allora si sfidano i confini dell’Iraq e del Kurdistan, il che equivale ad un chiaro invito per i paesi della regione a violare i confini dell’Iraq e comporta una escalation estremamente pericolosa.” In riposta alle affermazioni dei leader curdi che sperano che il Referendum costringa Baghdad a sedersi al tavolo dei negoziati, Al-‘Abadi ha dichiarato che il Referendum “vedrà delle difficoltà”, sottolineando però che non chiuderà le porte dei negoziati perché “negoziare è sempre possibile”.

Nel frattempo, in merito alla scelta di proseguire con il Referendum, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha messo in allerta Barzani; in un’intervista televisiva ha infatti affermato: “dopo la riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale del 22 settembre e quella del Consiglio dei Ministri, Barzani vedrà chiaramente la dimensione della nostra avversione nei confronti del Referendum.”

Sa’id Abdel Razzak è un giornalista e scrittore egiziano esperto sulla Turchia

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