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Camp David: un’operazione di marketing per l’accordo con l’Iran?

Obama

Di Abdulrahman al-Rashed. Asharq al-Awsat (09/05/2015). Traduzione e sintesi di Mariacarmela Minniti.

Il presidente Obama è noto per le sue capacità persuasive, pertanto il vertice cui ha invitato i leader dei Paesi arabi del Golfo potrebbe non solo fugare le preoccupazioni e acquietare la rabbia suscitata dall’accordo sul programma nucleare iraniano, ma anche aprire una nuova pagina nella storia della regione. Il compito è, tuttavia, complesso e ciò ci spinge a nutrire dei dubbi. Comunque il vertice è un passo positivo da parte di Obama, dopo una serie di misure negative che i Paesi del Golfo ritengono siano state prese contro di loro, nel quadro dei negoziati con il regime iraniano.

Secondo uno scrittore, difensore di Obama, la politica di apertura del presidente, tesa a porre fine alle vecchie questioni, non riguarda solo l’Iran, ma anche Cuba. In realtà, è sbagliato paragonarli: l’Iran è un batterio attivo, mentre Cuba è un batterio inattivo che non rappresenta più un pericolo per nessuno. Dal punto di vista ideologico, il regime teocratico di Teheran si fonda sul cambiamento e sul dominio ed è implicato nelle violenze in Iraq, Siria, Libano, Bahrein, Gaza, Yemen, Sudan e Africa centrale, le sue attività si sono spinte fino all’Asia sud orientale ed è stato anche coinvolto nelle esplosioni in Argentina. Invece Cuba ha posto fine alle sue attività militari e politiche ostili fin dall’inizio del millennio.

I Paesi del Golfo temono che l’imminente accordo ponga freno solo al programma nucleare iraniano, mentre l’esistenza stessa della regione ne risulterà minacciata. Esistono molte possibilità di scontro con l’Iran per terra e per mare a seguito del vuoto che si potrebbe creare dopo la firma dell’accordo nucleare, se gli Stati Uniti ridurranno la propria presenza militare o se decideranno di rimanere neutrali. L’imminente accordo rappresenta, pertanto, il maggiore pericolo per i Paesi della regione e non una fonte di speranza e stabilità come afferma la Casa Bianca.

L’aspetto positivo è che il presidente americano ha deciso di affrontare questi timori e obiezioni a Camp David, affinché i leader arabi del Golfo sentano direttamente dalla sua bocca le risposte in merito alla natura dell’accordo ambiguo con l’Iran. Circola anche l’idea che il vertice di Camp David sia solo uno strumento di marketing con cui Obama vuole promuovere il suo progetto senza dare risposte alle sfide poste dall’accordo con l’Iran.

La cosa più importante è raggiungere un accordo esplicito che tracci un confine terrestre e marittimo contro un eventuale attacco dell’Iran o di un suo alleato nei confronti dei Paesi del Golfo. Un accordo simile è riuscito negli ultimi 50 anni a mantenere la stabilità nella regione (ad eccezione dell’attacco di Saddam contro il Kuwait) e per via della presenza e dell’impegno americano, l’Iran non ha osato attraversare le acque del Golfo. L’accordo sarebbe, comunque, importante anche per l’Iran stesso che vive una lotta interna tra le istituzioni e i leader. Nel Paese ci sono due ali: quella intransigente che crede nell’espansione e nell’egemonia in politica estera e un’altra che vuole concentrarsi sulle riforme interne e porre fine alle imprese estere. La forte posizione americana contro lo sfruttamento da parte dell’Iran dell’accordo nucleare insieme all’impegno di garantire la sicurezza della regione rafforzerà la posizione dei leader iraniani moderati e spingerà il Paese verso la riconciliazione e la regione verso la stabilità.

Abdulrahman al-Rashed è ex caporedattore del quotidiano Asharq al-Awsat e ex direttore generale di Al-Arabiya.

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