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Bye Bye Babylon: un innovativo esempio di graphic journalism

Articolo di Giusy Regina

Bye Bye Babylon non è solo un romanzo, non è solo una cronaca, non solo un fumetto. Non è solo un racconto autobiografico ma tutto questo insieme, che a quanto pare si riassume nell’espressione graphic journalism.

L’autrice Lamia Ziadé (Beirut, 1968) si è trasferita a Parigi all’età di 19 anni per studiare arte grafica. Fino ad allora ha vissuto a Beirut, nel Libano massacrato dalla guerra per ben quindici anni. Nel libro rivive i ricordi della sua vita da bambina e adolescente e li fonde al contesto tragico in cui avvengono.

La prima cosa che mi ha colpito iniziando a leggere questo innovativo romanzo disegnato è stata l’assenza dei numeri delle pagine. Disorientante prima, entusiasmante poi. Sembra che non debba avere una fine. Pagine scritte si alternano a disegni esplicativi e rappresentativi che mostrano, come in un reportage un po’ caotico, la forma e i colori delle cose e delle persone descritte.

E proprio i disegni sembrano essere i grandi protagonisti nel libro. I colori prevalenti sono il nero e il grigio scuro e, trattandosi delle vicende di una guerra, è facile immaginarne il perché. Spesso poi questi disegni sono come immersi nel fumo, il fumo dei palazzi e delle case che bruciano, il fumo delle sigarette e delle parole, il fumo di un paese in fiamme che lentamente muore.

All’inizio traspare il Libano moderno, i cui supermercati “traboccano degli stessi prodotti da sogno di quelli di New York e Londra”, un Libano che si considera la Parigi, la Las Vegas e la Monaco del Medio Oriente. Ma “poi, d’un tratto, Babilonia è scomparsa”.

È il 13 aprile 1975 quando scocca la scintilla e si entra nell’euforia della guerra. E la prima cosa a svanire è proprio quello stile di vita occidentale di cui i libanesi andavano così fieri. L’autrice descrive puntualmente non solo le fasi del conflitto ma anche la percezione che i libanesi avevano, le paura e le teorie. E lo stare uniti in una situazione in cui tutti sembrano essere contro tutti: “è una guerra disinvolta. Da noi l’importante è lo stile”. Ma la guerra porta via tutto, l’anima stessa di un paese che cade a pezzi.

Dopo aver finito il libro, mi sono messa a riflettere, a riflettere sul libro stesso. Ho iniziato così ad immaginarlo proprio con i disegni che l’autrice aveva fatto e mi sono chiesta: e se il graphic journalism ci rubasse l’immaginazione? Quello squisito insieme di volti e luoghi sfumati che prende forma nella nostra testa leggendo? Non è proprio questo forse che rende lo stesso libro unico per ogni lettore? Forse si, forse no. Forse dipende dall’argomento e trattandosi di giornalismo si possono considerare le immagini come foto allegate. Bye Bye Babylon è una testimonianza che narra attraverso la memoria la storia infinita di un popolo ancora in lotta per la libertà e la democrazia, emblema di molti, troppi, paesi arabi di oggi.