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Bouteflika, il Cid algerino

Di Javier Casqueiro. El País (17/04/14). Traduzione di Alessandra Cimarosti.

Ha 77 anni, una parte del corpo paralizzata da un ictus che lo ha quasi ucciso un anno fa (si arrivò a pubblicare necrologi), non può quasi parlare, né rimanere in piedi per qualche minuto e ha iniziato la carriera politica come ministro della Gioventù, dello Sport e del Turismo quando aveva 25 anni. Negli ultimi 52 anni, è stato presente in tutti gli eventi della politica democratica, predemocratica e persino del regime dittatoriale del Paese. È stato in esilio e ha lottato come soldato nelle frontiere, è stato tre volte vice ministro e da 15 anni è presidente dell’Algeria con enormi poteri, quasi monarchici. Visto che gli mancava qualcosa, nel 2008 ha modificato l’articolo 74 della Costituzione per derogare la fine dei mandati. Sembra immortale come un Cid Campeador fantasma (sidi in arabo significa “signore”).

Bouteflika è una figura storica per l’Algeria. Questo non lo mette in dubbio nessuno. È stato molto popolare e continua ad esserlo in alcune zone del Paese, meno nella capitale o tra la presunta classe dirigente.

Un anno fa, il 27 aprile del 2013, è dovuto essere ricoverato in un ospedale francese per un ictus cerebrale, dove è rimasto per 80 giorni. Già nel 2005 era stato ricoverato in un ospedale a Parigi per un’ulcera sanguinante. E nel 2010 è stato 8 mesi senza convocare nessun Consiglio dei Ministri. La sua salute è scarsa e incerta.

Quando appare, in occasioni rare, è per qualche visita ufficiale che possa essere registrata dalla televisione pubblica. L’abuso dei mezzi ufficiali è abituale e molto criticato dall’opposizione. Quando ha iniziato la campagna elettorale, il suo discorso è stato letto integralmente nei telegiornali. Non è intervenuto in nessun convegno. Protagonisti della campagna quotidiana sono stati sei politici veterani della sua squadra e in particolar modo il suo attuale primo ministro, Abdelmalek Sellal, che ha fatto le sue apparizioni addirittura nelle scuole.

I due ultimi grandi sforzi visibili realizzati da Bouteflika hanno avuto come interlocutori due politici stranieri. Uno è stato il segretario di Stato nordamericano John Kerry. Le chiacchiere con Bouteflika sono durante parecchi minuti. La televisione ha registrato l’incontro e si sono sentite anche alcune frasi del presidente algerino, sufficienti per scatenare un dibattito dato che tutti hanno interpretato che lo stava rimproverando per non condividere abbastanza informazioni sul terrorismo nel Sahel. L’altro con il ministro spagnolo José Manuel Garcìa Margallo, a cui ha avuto la cortesia di dedicargli un’ora, nella quale ha definito critica l’attitudine del suo rivale in riferimento al processo elettorale, come propria del “terrorismo via cavo”.

La famiglia di Bouteflika si era rifugiata a Oujda, in Marocco, vicinissima alla frontiera, in uno dei periodi neri del Paese. Ed è lì che è nato il 2 marzo del1937. Ha cinque fratelli, una sorella e tre sorellastre. A 19 anni faceva parte dell’esercito, nel quale ha svolto la prima fase ella sua carriera pubblica. La politica invece l’ha cominciata a 25 anni come ministro della Gioventù, fino a quando è stato nominato ministro degli Esteri. Nel 1974 si è fatto conoscere per la sua abilità oratoria come presidente della 29ima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. L’anno successivo, intavolava negoziazioni segrete con il terrorista internazionale Illich Ramìrez Sànchez, alias Carlos, che fece irruzione a Vienna, nella sede dell’OPEC e sequestrò in un aereo 42 persone, 11 delle quali erano ministri del Petrolio. Ancora non è chiaro, nemmeno per Wikileaks, come riuscì a liberare tutti gli ostaggi.

Tra il 1978 e il 1988, l’Algeria ha vissuto un periodo travagliato, violento, con la strana morte del suo mecenate e presidente Huari Bumedian e Bouteflika organizzò un ritiro calcolato con un esilio forzato tra Svizzera e Francia, tra accuse di possibili malversazioni da parte del Tribunale dei Conti. Quando tornò, fu stabilito lo stato di emergenza, cercando di porre rimedio al caos fino a che nel 1989 fu promossa una Costituzione con la quale si pretendeva porre fine al partito unico e dar spazio ad aperture. Questo periodo durò poco sotto la pressione del Fronte Islamico (FIS) e ancora oggi è visto con rancore per quello che è successo dopo. Tra il 1990 e il 2000, l’Algeria ha conosciuto il suo decennio nero, la sua guerra interna, con circa 200.000 morti. È una fase che ha lasciato dei segni. Molti credono che questo massacro abbia reso immune l’Algeria dall’essere colpita dalla primavera araba. Ma non ci si azzarda a predire ciò che potrebbe succedere adesso.

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