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Il boicottaggio di Israele ha il vento in poppa, tranne che in Marocco

Di Louis Witter. Tel Quel (02/08/14). Traduzione e sintesi di Alessandra Cimarosti.

L’offensiva israeliana a Gaza ha suscitato un rinnovato interesse per le campagne di boicottaggio contro Israele. Mentre sono presenti varie iniziative nel mondo, in Marocco invece, questi approcci non sono ben strutturati. La campagna BDS è una delle più importanti campagne internazionali che si appellano al boicottaggio contro lo stato israeliano. Il BDS, che sta per “Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni”, è stato lanciato il 9 luglio 2005 da parte di 171 ONG palestinesi. I suoi promotori si augurano la fine dell’occupazione israeliana delle terre palestinesi, lo smantellamento del muro di separazione, il riconoscimento dei diritti fondamentali dei palestinesi d’Israele e il rispetto di quelli dei palestinesi e il ritorno dei rifugiati palestinesi alle proprie case.

Ma ci sono più livelli di boicottaggio:

1. Il boicottaggio di prodotti fabbricati in Cisgiordania (nei territori occupati). Il primo modo per identificare un prodotto israeliano è controllare il codice a barre che inizia per 729. Ma questa tecnica non è infallibile. Infatti, una impresa con sede all’estero che produce in Israele potrà utilizzare l’identificativo del Paese della sede.

2. Il boicottaggio di prodotti provenienti da aziende che operano in Israele. Un altro metodo di mobilitazione lanciato dal BDS ha come obiettivo una lista di prodotti appartenenti a partner diretti dell’occupazione in Palestina.

3. Il boicottaggio internazionale di gruppi finanziari israeliani. Il boicottaggio non si ferma ai prodotti alimentari o manifatturieri. In Olanda, ad esempio, il boicottaggio si è esteso alla finanza, dove nel gennaio 2014 il fondo PGGM (che gestisce circa 153 miliardi di euro) ha terminato i suoi investimenti nei prodotti di cinque banche israeliane che finanziavano le colonie in Palestina.

In Marocco, il boicottaggio si mobilita poco. La campagna del BDS è attiva anche qui. Su Facebook, la pagina “BDS Maroc” ha 2100 “mi piace” e pubblica regolarmente messaggi a proposito delle azioni da supportare. Tahani, 21 anni è un giovane studente che da due anni boicotta prodotti israeliani. “Per il momento, è difficile, ma bisogna capire che se si inizia a boicottare l’entità sionista economicamente, culturalmente, diplomaticamente, sarà isolata dal resto del mondo”.

Le autorità marocchine, desiderose di sostenere la causa palestinese, sono però abbastanza discrete in queste campagne di boicottaggio. L’esempio più lampante, sollevato da Yabiladi, riguarda l’azienda MoroccanOil che nonostante il nome, è una impresa israeliana. I suoi prodotti, venduti in tutto il mondo sono fabbricati in Israele con olio d’argan importato dal Marocco. In Marocco però, nessuna condanna ufficiale ha preso di mira l’azienda.

Altri esempi sono la società Veolia che ha seguito i lavori per la costruzione del tram a Rabat e l’Alstom che ne ha fornito i convogli. Queste due aziende hanno anche gestito la costruzione del tram di Gerusalemme, progetto molto criticato perché collega Gerusalemme ovest che farebbe parte di Israele secondo il diritto internazionale, ai quartieri annessi illegalmente di Gerusalemme est.

A volte il boicottaggio o la sua minaccia sembra portare i suoi frutti. Alstom ad esempio, è stato escluso dagli investimenti svedesi.

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