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Bibi accecato dall’ultimatum francese sullo Stato palestinese

Di Mazal Mualem. Al Monitor (01/02/2016). Traduzione e sintesi di Viviana Schiavo.

“L’iniziativa francese ci ha colto impreparati. Non ci aspettavamo che ci sorprendessero in questo modo,” ha ammesso un membro del circolo interno del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu parlando in condizioni di anonimato in risposta all’iniziativa diplomatica proposta dal ministro degli esteri francese Laurence Fabius il 29 gennaio. Fabius ha, infatti, annunciato che la Francia, nelle prossime settimane, farà dei passi in avanti per convocare una conferenza internazionale con la partecipazione di USA, Europa e Stati arabi. L’obiettivo è assicurarsi che la soluzione dei due Stati rimanga un’opzione percorribile e sostenibile. “Sfortunatamente la costruzione delle colonie israeliane continua…non dobbiamo far fallire la soluzione dei due Stati,” ha dichiarato. Questa non è la prima volta che la Francia presenta un’iniziativa del genere. Ciò che distingue questo specifico sforzo, tuttavia, è l’ultimatum che accompagna la proposta: se la negoziazione dovesse fallire, la Francia riconoscerà unilateralmente lo Stato palestinese. Ciò significa che le pressioni internazionali che Israele ha affrontato negli ultimi anni, a causa dello stallo diplomatico derivante dai governi Netanyahu, sono passate ad un livello successivo. La Francia è un paese amico di Israele. È anche un membro permanente del Consiglio di Sicurezza e nelle negoziazioni nucleari con l’Iran ha preso una posizione persino più dura di quella degli americani per quanto riguarda la data della fine delle sanzioni. Posizione frutto dei dialoghi di Fabius con Netanyahu.

Quando Fabius si è incontrato con Netanyahu lo scorso 21 giugno durante un viaggio in Israele, ha espresso preoccupazione per lo stallo in corso nel processo diplomatico. All’epoca, Netanyahu gli disse di esser preparato a tornare al tavolo delle negoziazioni senza precondizioni ed ha accusato i palestinesi di retorica incendiaria. È possibile che il primo ministro credesse che questo gli avrebbe dato più tempo, ma poi Fabius è saltato fuori il 29 gennaio con un ultimatum, creando circostanze del tutto nuove. In risposta, fonti diplomatiche israeliane hanno accusato Fabius di voler, con questa conferenza, lasciare un segno nel libro della storia, affermando che l’ultimatum svanirà velocemente come è apparso. Anche se questa fonti avessero ragione, la situazione non dovrebbe essere presa sottogamba. La Francia non è la Svezia, è uno dei principali paesi europei e il suo ultimatum dovrebbe essere un segno preoccupante per Israele. Se anche si trattasse del desiderio di Fabius di entrare nella storia, rappresenterebbe sempre un aumento della pressione su Israele da parte di uno dei suoi amici più stretti. Israele continua a rispondere in modo confuso, senza un approccio estero sistematico. Prima sono arrivati gli attacchi sulle ragioni che hanno mosso Fabius da parte circolo del Primo Ministro israeliano. Poi ci sono state le osservazioni sarcastiche fatte da fonti diplomatiche, come “la Francia farà una conferenza internazionale anche con lo Stato Islamico? Dopotutto ha fatto degli attacchi terroristici sul suo territorio.”

Mentre Israele si è messo sulla difensiva ed ha assunto una posizione aggressiva contro l’iniziativa di rilanciare le negoziazioni, il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha lodato lo sforzo francese. In uno discorso ad Addis Abeba, il 30 gennaio, Abbas ha promesso che i palestinesi entreranno in contatto con la Francia ed altri Stati per far avanzare l’iniziativa. Così facendo, è riuscito a presentarsi, di nuovo, come il lato interessato alle negoziazioni in contrasto con il rifiuto ostinato di Israele. Gli alleati di Israele stanno perdendo la pazienza verso lo stallo diplomatico del quarto governo di Netanyahu. Mentre i suoi due precedenti governi – che includevano partiti del centro e di sinistra – hanno fatto dei tentativi per restaurare le negoziazioni, l’attuale governo di destra non vuole nemmeno dare l’impressione di essere impegnato in un dialogo. In questa atmosfera, anche se non dovesse venir fuori nulla dall’ultimatum francese, quest’ultimo è un passo verso una direzione pericolosa. Indica che anche Stati amici, come la Francia, non vogliono più semplicemente aspettare la prossima mossa di Israele sul fronte diplomatico.

Mazal Mualem è una giornalista di Al-Monitor e precedentemente è stata la corrispondete politica per Haaretz.

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