Articolo di Silvia Di Cesare
Si sono aperti questa mattina i seggi elettorali in Bahrein. La popolazione è chiamata a votare per scegliere i membri della Camera dei Deputati del Parlamento e delle assemblee municipali. La scelta verrà fatta tra 419 candidati: 266 in gara per la carica di parlamentare e 153 per quella di consigliere municipale.
Questa è la quarta elezione democratica che si svolge nell’isola del Golfo Arabo dal 2002, anno in cui fu promulgata la nuova Costituzione dal re Hamad. Nonostante le riforme dall’alto avvenute grazie alla nuova Legge (come la formazione del Parlamento), la situazione politica del Bahrein rimane ancora instabile.
La legittimità del governo è messa in discussione dalle forze di opposizione che continuano, dopo le proteste della Primavera del 2011, a chiedere riforme democratiche nel paese.
Quattro gruppi di opposizione, tra cui il partito politico al-Wefaq, hanno deciso di boicottare le elezioni dichiarando che i risultati saranno “completamente controllati dalle autorità governative”, come si legge in una dichiarazione del partito.
La sfiducia nei confronti delle votazioni, nasce anche dalla constatazione di una struttura istituzionale che, a prescindere dai risultati elettorali, non subirà dei cambiamenti rilevanti.
Il Bahrein è governato dal re Hamad bin Isa al-Khalifa il quale ha il potere di nominare il capo del governo (posizione ricoperta da oltre 40 anni dallo zio Khalifa bin Salman al-Khalifa) e i 40 membri di una delle camere del Parlamento: la Majlis al Shura.
Il boicottaggio delle elezioni è solo una delle iniziative messe in campo dalle forze di opposizione. Ancora più forte è l’indizione di un referendum popolare per esplicitare con un voto l’illegittimità del governo.
Tredici donne, promotrici dell’iniziativa referendaria, sono state arrestate lo scorso 13 novembre con l’accusa di aver, attraverso il referendum, “incitato all’odio contro il regime”. Questo tipo di arresti rientra in una consueta pratica di repressione da parte dei regnanti: il Centro del Bahrein per la difesa dei diritti umani ha documentato la morte di 13 donne a causa delle torture commesse dalle forze di polizia, mentre decine di attivisti sono rinchiusi nelle carceri del Regno con accuse come “denigrazione delle istituzioni governative”.
A una situazione politica critica si aggiunge una forte tensione sociale data da uno squilibrio nella rappresentanza della popolazione: il Bahrein è governato da una famiglia reale sunnita, pur avendo la maggioranza della popolazione di professione sciita.
Le proteste che scoppiarono nel 2011 videro come protagonista la comunità sciita dell’isola, scesa in piazza per reclamare uguaglianza di diritti e di possibilità rispetto alla minoranza sunnita; uguaglianza che viene spesso negata a causa di pratiche non scritte di comportamento, privato e istituzionale, che escludono i sciiti dalle posizioni di potere e di controllo.
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