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La Babele di Doha

imagesÈ strano il destino di noi altri migranti! Ha sempre qualcosa di eroico e beffardo. Ed è ancora più curioso trovare una definizione ad un migrante che immigra doppiamente.

Sorrido mentre penso alle mie varie appartenenze che fanno di me un uomo sospeso nello spazio e nel tempo. In Qatar sono arrivato grazie al mio percorso italiano e al mio background arabo. Cosa mi dovrei considerare allora: un espatriato italiano, anche se per ragione di passaporto italiano non sono, o un migrante marocchino, solo perché ho un passaporto marocchino?! Forse sono sia l’uno che l’altro e tante cose ancora, figlio di un pensiero affrancato di ogni sciovinismo legato ai confini, alle etnie o alle religioni.

Il primo aspetto che colpisce appena atterri in Qatar è che la presenza araba etnicamente parlando è una minoranza! Ecco allora un paese che funziona davvero grazie agli immigrati. Questo “funzionare” non racchiude per ora una spiccata efficienza. Ne ho avuto prova subito dovendo risolvere una questione legata al mio bagaglio.

L’impressione è che questa diversità etnica che genera per forza una diversità culturale, antropologica, comportamentale e soprattutto linguistica impedisca che il sistema funzioni efficientemente come si sarebbe aspettato da una compagnia aerea (Qatar Airways), che si vuole leader mondiale e un paese che seppur piccolo rimane di grande importanza politica e economica.

La lingua di lavoro e di comunicazione quotidiana è un inglese ibrido che ognuno parla con una cadenza o un accento proprio, perciò non è sempre semplice da capire quando si ha a che fare con questa Babele linguistica.

Ma per stasera non mi dovrò preoccupare di risolvere nessuna questione linguistica. Il mio primo incontro con un “autoctono-migrante” sarà con l’amico e scrittore sudanese Amir Taj Elssir*, che dopo varie peregrinazioni ha scelto il Qatar come patria adottiva.

Salamat

 

 

* Il Cacciatore di larve, Amir Taj Elsir, Nottetempo, 2013