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Atelier Cairo rischia la chiusura dopo quasi settant’anni dalla sua fondazione

Di Hamdi AAbdeen. Sharq al-Awsat. (28/05/2019). Traduzione e sintesi di Cristina Tardolini

Scrittori e intellettuali hanno condannato i tentativi delle agenzie governative di sciogliere Atelier Cairo, l’Associazione degli artisti e scrittori egiziani per le arti e le lettere, descrivendolo come un crimine contro la cultura.

Non è la prima volta che l’Atelier riceve delle minacce, ha detto il romanziere Ibrahim Abdel Majeed ad Asharq Al-Awsat. Negli ultimi cinque anni i tentativi sono stati diversi: uno di questi è stato il congelamento del conto dell’Atelier nel 2015, che ha provocato ritardi nel pagamento dell’affitto. L’atelier Cairo, che ad oggi conta più di tremila iscritti tra artisti e scrittori, è stato l’unico centro culturale egiziano ad aver ricevuto premi nel campo dell’arte, della letteratura e delle scienze sociali. Fondato nel 1953, esiste da quasi settant’anni: grandi scrittori e intellettuali soni stati membri di questo luogo, e hanno lavorato nel corso dei decenni per sostenere l’arte e la cultura egiziana.

La decisione di sciogliere l’Atelier, dal punto di vista di Abdel Majeed è illegittima. Molti scrittori e intellettuali affermano che il Ministero della Cultura egiziano dovrebbe fare di più, assumendosi il compito di supervisionare e salvaguardare di persona le associazioni culturali.

L’importanza dell’atelier deriva non solo dagli importanti personaggi che hanno fatto parte della sua storia, ma anche per il suo attuale ruolo culturale: esso rappresenta la memoria creativa della nazione, come dimostrano i numerosi eventi organizzati nell’ambito del cinema, così come le mostre d’arte, i seminari, i convegni e più di recente la conferenza sulla poesia in prosa.

Said Al-Kafrawi ha detto che difenderà i suoi 50 anni all’Atelier del Cairo perché non è solo un edificio storico, ma è il ricordo di una città e di un periodo pieno di ricordi vissuti assieme ad intellettuali quali Lewis Awad, Amal Dunkul e Yahya Eltaher Abdullah, e di simposi di numerosi scrittori e mostre di centinaia di artisti, da Hassan Suleiman e Adly Rizkallah, a Izz al-Din Najib e Mahmoud Bakshish, fino a Nabil Taj e Al-Labad e altri. “Risi molto in compagnia di Ibrahim Abdul Majid, e piansi il giorno della partenza di Abdul Hakim Qasim, Mohammed Saleh e Mohammed Afifi Matar. Ricordo la nostra gioia in questo luogo quando le arti significavano difendere la vita delle persone contro gli orrori della vita.” Lo stato di rabbia e malcontento tra la comunità intellettuale si è concretizzata nelle richiesta di salvare l’Atelier da parte di un certo numero di scrittori, tra cui il poeta Mohamed Farid Abu Saada.

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