Con altre parole Letteratura

“Arabpop. Arte e letteratura in rivolta dai paesi arabi” a cura di Chiara Comito e Silvia Moresi

Arabpop. Arte e letteratura in rivolta dai paesi arabi

Me ne vado, mamma, perdonami, non servono a nulla i rimproveri, mi sono smarrito su questa strada che non mi appartiene più. Perdonami, madre (…) incolpa quest’epoca crudele, non me. Me ne vado, e il viaggio è senza ritorno. Sono stanco di piangere senza che le lacrime escano dai miei occhi (…). Sono stanco, ho cercato di dimenticare tutto quello che è stato. Me ne vado, chiedendomi se questo viaggio mi aiuterà a dimenticare”.

Queste parole furono scritte dall’attivista tunisino Mohamed Bouazizi, prima di darsi fuoco in segno di protesta per le condizioni economiche del suo paese, e successivamente divenuto il simbolo della rivoluzione popolare del 2011.

Queste poche righe possono essere considerate la prima poesia in prosa delle Primavere arabe” scrive Silvia Moresi, una delle curatrici insieme a Chiara Comito (Editoria Araba), del volume “Arabpop. Arte e letteratura in rivolta dai paesi arabi” pubblicato da Mimesis Edizioni nella collana Eterotopie.

Il libro si compone di otto capitoli, ognuno dei quali dedicato ad una forma di espressione artistica, dal romanzo alla poesia, dalla street art al cinema, dal fumetto alla musica, e ha il dichiarato obiettivo di riconoscere merito e visibilità a tutti quegli artisti che hanno animato la stagione culturale delle Primavere arabe, facendosi interpreti e portatori di uno spirito di libertà che la narrazione mainstream delle rivoluzioni arabe non ha saputo o voluto raccontare. Ma ancora di più, le espressioni artistiche che si sono dispiegate in quei mesi di rivolte di piazza, scardinano un immaginario collettivo in cui il mondo arabo viene considerato come un monolite, un unico blocco spesso malato di orientalismo, nel quale si dissolvono le differenze, le tipicità e in cui regna sovrana la confusione, addirittura fra l’essere “musulmano” con l’essere “arabo”, come ci ricordano le curatrici nell’introduzione a questo volume.

Ne scaturisce un quadro decisamente interessante, che spiazza il lettore mettendolo di fronte a realtà espressive che solitamente si riconducono ad altre latitudini e ad altri contesti socio-culturali.

Di capitolo in capitolo, di espressione in espressione, ci immergiamo in un contesto culturale in cui il disagio diffuso, il senso di ingiustizia, l’urgenza della conquista di una società libera ed equa, diventano i principali ingredienti del linguaggio artistico. Per esempio nei romanzi, già prima dello scoppio delle rivolte, erano presenti i temi della corruzione, della mancanza di diritti, del senso di frustrazione: “elementi presenti nelle società arabe da anni, sarebbero poi esplosi in maniera dirompente in pochi mesi fra il 2010 e il 2011” scrive Chiara Comito.

Così come “I temi ricorrenti sono la violenza delle forze dell’ordine contro i manifestanti, la brutalità della prigionia, gli effetti della guerra sulla popolazione, in particolare sui bambini” è quanto scrive Anna Gabai che ha curato il capitolo sul fumetto.

Un aspetto particolarmente interessante è quello relativo alla street art. Nel capitolo ad essa dedicato, l’autrice Luce Lacquaniti ci ricorda che “parole e immagini hanno iniziato a riempire i muri esattamente nello stesso momento in cui i corpi riempivano le piazze” e questa immagine irrompe nell’immaginario collettivo, disegnando plasticamente l’urgenza che i giovani ribelli avevano di lasciare un segno visibile della loro rabbia, facendo diventare la strada lo spazio comune. “Nel 2010-2011 i muri di Paesi come Tunisia, Egitto, Libia, Siria, Yemen e Bahrein – scrive ancora la Lacquaniti – sono stati una componente visiva essenziale delle proteste”.

E ancora la poesia, il cinema, la musica e le arti performative hanno raccontato, quasi in una cronaca immediata, la forza di quella ondata di proteste che animava le giovani generazioni arabe, non più disposte ad accettare le categorizzazioni sia interne che esterne, e volta ad esprimere il proprio bisogno di libertà, rimettendo in discussione le appartenenze politiche, religiose e anche di genere.

Un volume che ha il pregio di rivolgersi ad un pubblico di non esperti, non bisogna essere arabisti per perdersi fra le sue pagine e scoprire i numerosi artisti che vengono ricordati e dei quali si riportano pezzi di opere tali da costruire un enorme mosaico, il cui volto emergente è quello di una generazione di arabi moderni e disillusi, che non si sono risparmiati per raccontare ai loro paesi ma anche al contesto internazionale, la situazione che erano costretti a vivere e quella in cui avrebbero voluto finalmente vivere.

Segnaliamo con piacere che Arabpop è interamente scritto da donne. Le otto autrici hanno svolto un lavoro corale che si fonde egregiamente nella scorrevolezza della lettura.