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Arabia Saudita e Golfo: vittime di un’equazione imprecisa

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La decadenza che investe l’intera regione araba è conseguenza di visioni politiche effimere strumentalizzate da un progetto espansionista iraniano

Di Nabel al-Bukiry. Al-Araby al-Jadeed (29/10/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Alla caduta e collasso dell’Iraq, oggi provincia iraniana, segue il crollo di Damasco, Cairo e Sinai, un tempo capitali del mondo arabo. In particolare Baghdad – antica porta di accesso orientale alla regione – è stata definita nelle parole del consigliere del presidente iraniano, Ali Yonsei, la capitale dell’impero persiano.

Nel mezzo di tale decadenza, Riyad rimane la capitale araba per eccellenza, anche se intrappolata nel cuore dei grandi mutamenti geopolitici che attraversano la regione, in quel vuoto generato dalla caduta di Baghdad e dal tentativo del popolo arabo di ripristinare quella volontà usurpata e liberarsi per mezzo della Primavera Araba.

Quel vuoto continua ora nel mezzo di un disordine impetuoso che vede alla guida potenze negative con un progetto chiaro e di strumenti specifici, come nel caso dell’Iran che da decenni è riuscito a penetrare nel tessuto sociale, politico, confessionale e culturale della regione, per realizzare il suo piano “imperialista”, progettato proprio per un momento come questo.

I rappresentanti di progetti tecnici hanno sprigionato una serie di paure miranti a spaventare i governanti del Golfo, i quali avrebbero dovuto favorire le rivolte della Primavera Araba, anziché opporsi ad esse, in cambio del sostegno e dell’edificazione di regimi privi di legittimità, quale il regime iraniano. Quest’ultimo ha agito tramite strumenti mediatici e milizie, alimentando fobie artificiali, dalla paura dei Fratelli Musulmani fino alla fobia della Primavera Araba e della democrazia. In particolare, i Fratelli Musulmani sono stati definiti il pericolo maggiore dai media iraniani, una fazione pronta a divorare la regione intera, il cui fine è quello di sterminare i regni del Golfo in cui la Fratellanza risiede ormai da decenni, partecipe della rinascita scientifica, culturale, industriale e della stabilità di quei Paesi, tra cui soprattuto il regno saudita.

Quest’ultimo, infatti, è stato rifugio dei Fratelli Musulmani negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, senza mai rappresentare una minaccia alla sua stabilità o sicurezza interna. In un momento di forti cambiamenti indesiderati, proprio il regno saudita ha adottato un atteggiamento incomprensibile contro la Fratellanza, attribuendo al gruppo un carattere terroristico, riflesso di una geopolitica pericolosa che ha sferrato un duro colpo prima all’Egitto e al suo processo di transizione politica e democratica e poi all’intera regione araba. A seguire, dunque, la Libia e lo Yemen dove le milizie settarie del Golfo sono riuscite ad insediarvi mediante il sostegno iraniano, per giungere alla Siria, e prima ancora in Iraq. Ne è derivato un gran “pasticcio” che ha giocato a sfavore degli interessi del regno, del Golfo e dell’intera nazione araba. Una simile visione – assurda e inadeguata – dovrebbe essere riesaminata e al più presto, in quanto continua a nutrire gli interessi dei nemici della regione intenti a sradicare la civiltà e la storia degli arabi.

Al fine di proteggere la umma bisogna scendere in campo e condurre una battaglia non solo militare, ma anche politica, culturale, sociale e mediatica, per risanare la visione di politiche sbagliate e ripristinare lo spirito della nazione contro le sfide odierne, onde evitare che tale equazione imperfetta generi una realtà ancor più squilibrata e debole di quella attuale.

Nabil al-Bukiry è un giornalista e ricercatore yemenita, editorialista della rivista Muqaribat al-Dawriya.

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