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Arabi e musulmani britannici: votare o non votare?

arabi e musulmani UK

Di Sharif Nashashibi. AlArabiya (06/04/2015). Traduzione e sintesi di Cristina Gulfi.

In vista delle elezioni generali che si svolgeranno il mese prossimo, i principali partiti politici britannici, ad eccezione dell’UKIP, stanno corteggiando attivamente le comunità arabe e musulmane del Paese – segno della loro crescente integrazione, organizzazione e saggezza elettorale. La sensazione diffusa e giustificata, tuttavia, è che questo interesse si manifesti solo durante la corsa alle elezioni.

Una delle questioni care agli arabi e ai musulmani britannici – rispetto alla quale si sono sentiti delusi da tutti i governi – è il conflitto arabo-israeliano, che non riguarda solo i palestinesi, ma tutta la regione. E poi è una questione internazionale e di diritti umani.

I politici sanno bene quali parole d’ordine usare: ad esempio, si esprimono a favore della soluzione dei due Stati e condannano gli insediamenti israeliani nei territori occupati. Eppure la loro visione passa attraverso il prisma della sicurezza di Israele, che per loro è fondamentale. L’idea di applicare pressioni o sanzioni per porre fine alle ingiustizie, agli abusi e alle aggressioni di Israele è perlopiù assente.

GB riconosce PalestinaLa Campagna di Solidarietà per la Palestina ha dato vita ad un’ottima iniziativa che permette di conoscere, attraverso il sito internet, i candidati locali e la loro visione su diversi aspetti del conflitto. In questo modo si crea un archivio e i candidati sono ritenuti responsabili.

L’ostacolo principale, tuttavia, è lo scollamento tra l’opinione pubblica e i parlamentari da una parte e il governo dall’altra. Il voto sul riconoscimento della Palestina l’anno scorso ne è un esempio lampante: nonostante l’esito fosse ampiamente a favore, il governo ha insistito che non avrebbe avuto effetto – uno schiaffo in faccia alla democrazia.

E mentre i sondaggi mostrano una simpatia crescente nei confronti dei palestinesi, questo divario si fa sempre più ampio. È un problema di tutti i governi britannici, di cui ho avuto esperienza diretta agli incontri in quanto membro delle delegazioni della comunità araba: l’intenzione non è ascoltare ed affrontare i nostri interessi, bensì giustificare la politica britannica, dipingendo il governo come impegnato nei nostri confronti. L’impressione è questi incontri non siano altro che delle vetrine per entrambe le parti: i politici per ostentare la loro presenza, gli arabi per sentirsi importanti.

Ciò ha contribuito al dibattito, comune tra le minoranze senza diritti in ogni democrazia, se impegnarsi nel sistema per cambiarlo dall’interno o se boicottarlo per non legittimarne gli errori. Il boicottaggio ha successo solo quando vi presta attenzione un certo numero di persone, altrimenti chi lo pratica finisce per non avere voce, né attenzione da parte della società.

Le comunità di arabi e musulmani in Gran Bretagna sono troppo piccole per rendere efficace un boicottaggio, per quanto il desiderio di farlo per un senso di alienazione sia comprensibile. Al tempo stesso, si ignorano i progressi fatti da queste comunità, relativamente inattive ed invisibili fino a non molto tempo fa, così come il fatto che, in quanto cittadini, sono interessati da questioni interne che sono estranee alla loro fede e alle loro origini.

Per questo motivo, è meglio impegnarsi nel sistema dall’interno – e si spera migliorarlo. È importante che i candidati locali sappiano quali sono i temi più significativi per voi e se voi ritenete che li stiano affrontando in modo adeguato. Ciò farà sì che il vostro voto conti.

La simpatia dell’opinione pubblica e del Parlamento per la causa palestinese sta crescendo e alla fine i governi dovranno dar conto al volere dell’elettorato e dei suoi rappresentanti. Dobbiamo solo fare in modo che sia più difficile da ignorare. Tale cambiamento richiede tempo e sforzo, ma è possibile ed è già in corso.

Sharif Nashashibi collabora regolarmente di Al-Arabiya, The Middle East Magazine e The Guardian.

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