News Politica Zoom

Antichi tesori di Siria e siti storici: la minaccia del conflitto

palmira

di Andreas Kilb (Qantara.de 23/07/2012). Traduzione e sintesi di Claudia Avolio.

 

Nel 2° secolo a.C., Apamea era una grande metropoli mediterranea, affacciata sulle rive del fiume Oronte. Il re seleucide Antioco vi si accampò col suo esercito e 500 elefanti da guerra, prima di attraversare l’Eufrate per dare battaglia ai Parti invasori, provenienti dalle steppe asiatiche.

 

Intorno alla nascita di Cristo, la città e le terre d’attorno vantavano una popolazione di mezzo milione di abitanti. Dopo un secolo, e dopo un devastante terremoto, furono edificati dei bagni termali e una via lunga 2 km e larga 40 metri, delineata da colonne alte 20 metri, venne costruita dal nord al sud della città.

 

Nel 12° secolo, i Crociati e gli emiri arabi si scontrarono ad Apamea. Ad eccezione di una antica fortezza situata su una collina, la città fu in seguito abbandonata. Chiunque veda le sue rovine non ha bisogno di immagini al computer per farsi un’idea dello splendore di questa città greco-romana.

 

Oggi, le file di colonne di Apamea sono esposte al conflitto. Un video del 15 marzo mostra un carrarmato aprire il fuoco sulle rovine da una collina vicina e l’impatto di un’esplosione d’artiglieria nella cittadella di Qal’at al-Mudiq, lato nord della piana. Lì, dietro mura di 3000 anni messe a dura prova dai proiettili, un’unità dell’esercito siriano si è poi accampato. Bulldozer hanno aperto brecce nel muro per ottenere una via d’accesso al fuoco dei carriarmati. In precedenza, si è fatta irruzione al museo nel caravanserraglio ai piedi della collina: mosaici romani delle rovine della città sono stati rimossi usando scalpelli e trapani per portarli via. Apamea ora è in mano ai cecchini e al mercato nero.

 

Questo comportamento barbaro non ha suscitato una protesta a livello internazionale. Ci è voluto lo scorso maggio affinché Emma Cunliffe, che lavora al Global Heritage Fund, pubblicasse uno studio che per la prima volta desse un report dettagliato sullo stato dei siti archeologici in Siria. Le sue scoperte sono devastanti. Dagli scavi a Tell Halaf, vicino alla Turchia, ai monumenti tardo-romani e paleoislamici di Hauran, vicino al confine con la Giordania, le autorità siriane per le antichità non sono nella posizione di proteggere quei tesori. I musei sono stati saccheggiati, statue d’oro e armi di bronzo portate via, moschee e chiese butterate dalle granate e antiche pietre usate come blocchi stradali.

 

L’antica zona di Homs, già luogo del massacro nel 1982, è stata largamente distrutta. La moschea al-Omari di Daraa, con fondamenta costruite all’epoca dei primi califfi, è andata incontro a un destino simile. Carriarmati ora percorrono le strade dell’antica città nabatea di Bosra, un tempo accampamento per la terza legione cirenaica dei Romani. Il monastero paleocristiano di Deir Sunbel è stato trasformato in una base militare. La lista del retaggio abbandonato a sé stesso è lunga e lo diventa sempre di più ogni mese che passa perché non c’è più alcuna autorità civile che sia capace di prevenirne la distruzione.

 

La ricchezza culturale della Siria è frutto della sua posizione geografica. Per 4000 anni, dai tempi delle prime civiltà che vivevano tra il Tigri e l’Eufrate fino alla vittoriosa avanzata dell’Islam, sfere d’influenza di varie potenze si sono intersecate nella regione. Sumeri, Babilonesi, Egizi, Assiri, Ittiti, Persiani, Greci e Romani: sono solo alcune di esse. I segni lasciati nell’architettura di questo melting pot storico sono particolarmente visibili nella città-oasi di Palmira. Qui gli elementi dei Parti e degli Ellenici-Romani si sono fusi negli edifici per formare uno stile locale unico. La fama della città non era così trascurata durante il Medioevo, ma è stata messa in risalto soprattutto dall’arrivo dei viaggiatori britannici nel 18° secolo. Ci sono stati periodi in cui Palmira traboccava di turisti in primavera e in autunno. Ora, l’intero, imponente complesso è vuoto.

 

Le necropoli nella Valle dei Morti, prese d’assalto dai ladri anche nell’antichità, sono tornate ad essere saccheggiate. I soldati di Assad si sono insediati nella fortezza mamelucca, costruita nel 13° secolo per proteggere l’oasi dagli attacchi dei Crociati: si spostano tra le rovine ed aprono il fuoco a ogni piè sospinto. La splendida via processionale con le sue colonne corinzie, l’arco trionfale che risale al regno della dinastia dei Severi, e le mura esterne al tempio di Baal sono tutti crivellati di colpi. La notte, saccheggiatori setacciano l’area alla ricerca di tesori sepolti, scappando solo quando qualcuno apre il fuoco. Oltre a Palmira ed Apamea, le truppe governative hanno trasformato altri siti del retaggio culturale siriano in postazioni d’artiglieria.

 

Un esempio è la fortezza crociata di Krak des Chevaliers, che è il più celebre complesso di fortezza medievale dopo la Torre di Londra. Le versioni sono contrastanti: quella ufficiale dice che “gruppi armati” hanno bloccato i custodi per fare man bassa nel sito indisturbati; secondo altri, i soldati avrebbero usato l’irruzione in una dimostrazione pacifica come pretesto per occupare la fortezza. I castelli di Margat e Shmemis sono stati occupati in un modo simile. Se le forze militari d’opposizione dovessero entrare in possesso di artiglieria pesante, si può solo immaginare cosa diverrebbero questi siti dal retaggio mondiale.

 

La situazione dei musei in Siria non è meno drammatica. Molti di essi sono situati in aree in cui infuriano battaglie. Il museo di Idlib, che ospita gran parte delle inestimabili tavole d’argilla di Ebla, e i musei di Hama, Deir ez-Zor e Suweida sono solo alcuni esempi. Giusto un anno fa, nel luglio del 2011, il governo Assad ha pubblicato un memorandum contro le reti di ladri d’opere d’arte. Da allora, pare che alcune opere siano state ritirate dai musei di Damasco e Aleppo e messe al sicuro nella banca di Stato siriana. Karin Bartl, direttrice dell’ufficio con sede a Damasco dell’Istituto Archeologico Tedesco, è stata per l’ultima volta in Siria lo scorso dicembre: dice che molti dei suoi colleghi si sono spostati nelle campagne. Ad Agosto, l’edificio di scavi dell’istituto ad Hama è stato testimone di scontri a fuoco fuori controllo. La storica dell’arte vede in questa guerra civile la fine di un’epoca nella ricerca archeologica: “La Siria che conoscevamo potrebbe non esistere più”.