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Un’analisi sul recente accordo tra Israele e Turchia

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Di Mueen Al Taher. Al-Araby al-Jadeed (03/07/2016). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

L’articolo che segue vuole offrire una diversa chiave di lettura in merito alla restaurazione dei legami tra Turchia e Israele, al di là di ideologie politiche o conclusioni affrettate espresse da sostenitori e oppositori alla politica di Erdoğan nella regione.

Senz’altro la Turchia si è distinta come nessun altro paese arabo o islamico circa la richiesta di revoca del blocco marittimo che pesa sulla Striscia di Gaza, con l’invio di un convoglio navale diretto verso Gaza nel 2010. E le conseguenze di tale tentativo sono note a tutti: il 31 maggio 2010 Israele ha attaccato la nave turca Mavi Marmara con la morte di nove attivisti turchi filo-palestinesi. Questa la causa principale della crisi diplomatica tra i due paesi che sembra risolversi nel recente accordo siglato dopo lunghi negoziati e terminati con concessioni reciproche. Sebbene appare difficile stabilire chi abbia realizzato i propri obiettivi, un’analisi più attenta ci permetterà di trarre delle conclusioni in merito.

Innanzitutto, per quel che concerne il blocco marittimo su Gaza, questo rimarrà invariato come affermato dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, in una conferenza stampa in contemporanea a Roma e Ankara, e come aveva preannunciato il suo omologo turco, Binali Yildirim, in riferimento all’adozione di “misure concrete al fine di mitigare gli effetti dell’assedio su Gaza”; nessun accenno ad un’eventuale revoca. Sarà il porto israeliano di Ashdod a fungere da tramite per la circolazione di merci e aiuti speciali destinati alla Striscia di Gaza, il tutto regolato dalle misure di sicurezza e accordi speciali israeliani. L’accordo fa leva soprattuto sull’assistenza umanitaria, con la promessa di un apparecchio per la desalinizzazione dell’acqua marina, della costruzione di una centrale elettrica e di un ospedale comprendente 200 posti letto.

Su un piano differente, la Turchia sembra aver raggiunto un traguardo importante con l’impegno da parte di Israele di un risarcimento alle famiglie delle vittime dell’attentato alla Marmara pari a 21 milioni di dollari. Una concessione però non gradita alle famiglie coinvolte per l’impunità dei criminali in cambio di un risarcimento in denaro per il sangue versato dai propri figli. L’accordo prevede inoltre il divieto di attività terroristiche e militari contro Israele sul territorio turco.

Ma è sul piano economico, o meglio commerciale, che si sono avuti esiti favorevoli. Infatti, col nuovo accordo, Israele mira a rafforzare la cooperazione economica tra i due paesi, specie per la vendita di gas estratto dal Mediterraneo e destinato all’Europa attraverso il gasdotto turco. Grazie alla sua posizione geografica, la Turchia diviene meta ambita di Russia, Iran e Israele.

Da notare che la firma dell’accordo è coincisa con le scuse rivolte dal presidente Erdoğan al presidente Putin circa l’abbattimento dell’aereo russo al confine siriano. Una coincidenza probabilmente voluta e spinta dallo stesso Netanyahu che intende sfruttare la presenza turca in alcuni organismi internazionali e dei legami turco arabi a suo vantaggio. La Turchia a sua volta mira a mitigare gli effetti del crescente rapporto tra Israele e il governo greco di sinistra, e in particolare intende combattere l’ideale di affermazione di un’entità curda da sempre sostenuta dall’Occidente e Israele.

Per concludere, è chiaro che entrambe le parti aspirano ad obiettivi più profondi di quelli qui menzionati e che vanno ben oltre Gaza e il blocco marittimo.

Mueen Al Taher è uno scrittore e ricercatore palestinese, ex membro del Consiglio Rivoluzionario di Fatah e del Consiglio Supremo di Difesa.   

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