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“Essere amiche a Kabul” di Deborah Rodriguez

kabul afghanistan
Dal blog Con altre parole di Beatrice Tauro

“Ripensò alla sua vita come a una rassegna dei regimi che avevano governato l’amato Afghanistan – con e senza il burqa, in minigonna e poi di nuovo nella lunga veste – e delle guerre che avevano mietuto amici e familiari, della siccità che aveva provocato carestie e ucciso le rose e gli alberi di Kabul, e si rese conto che, come il suo paese, era sopravvissuta”.

Sono le riflessioni di Halajan, una delle protagoniste di questo romanzo corale ambientato a Kabul e scritto con garbo dall’americana Deborah Rodriguez che fino alla fine degli anni ’70 svolgeva l’attività di parrucchiera nel Michigan. Dopo la caduta del regime talebano nel 2002 è partita per l’Afghanistan come volontaria per una organizzazione umanitaria e lì ha fondato la Kabul Beauty School, una scuola per estetiste con lo scopo di dare alle donne afgane la possibilità di imparare un mestiere e rendersi indipendenti.

In “Essere amiche a Kabul” – pubblicato in Italia da Piemme – la Rodriguez racconta una storia di amicizia al femminile, dove solidarietà e sorellanza prevaricano le differenze culturali. Sunny, una donna americana trasferitasi a Kabul dove ha aperto e conduce con successo un caffè frequentato sia da locali che dai tanti stranieri presenti in città (operatori di ONG, funzionari ONU, militari americani, mercenari), incontra per caso Yasmina, una giovane donna afgana in fuga dai trafficanti di droga che l’avevano rapita per destinarla al mercato del sesso e ripagarsi così del prestito fatto a suo zio. Yasmina viene accolta nella casa di Sunny e inizia a lavorare nel suo caffè, acquistando giorno dopo giorno l’affetto e la fiducia di tutti i personaggi che vivono e lavorano in quel microcosmo. È un romanzo nel quale viene con forza sottolineato l’incontro di culture profondamente diverse, dove non viene risparmiata la descrizione dura e urticante della situazione delle donne afgane, soprattutto di quelle rinchiuse nelle carceri, vittime di violenze e di soprusi, che spesso culminano nell’assassinio.

L’aspetto che maggiormente colpisce nella storia narrata dalla Rodriguez è l’atteggiamento dei protagonisti occidentali del romanzo, non come “occupanti” del paese ma come ospiti amici, impegnati a migliorare le condizioni di vita dei locali ma sempre nel pieno rispetto delle loro tradizioni.

Nel microcosmo del caffè di Sunny si intrecciano così diverse storie, dove i sentimenti di amicizia e di amore diventano protagonisti di riscatto rispetto alla violenza diffusa che pure viene raccontata, nelle esplosioni, nei rapimenti, nel jihadismo, con uno sguardo compassionevole e combattivo insieme, nel quale sono soprattutto le donne a mostrare la capacità di sciogliere i nodi e risolvere i problemi.