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Algeria: pietra sangue carta o cenere

Le Matin dz (05/07/2012). Traduzione di Carlotta Caldonazzo

Cinquant’anni dopo la sua indipendenza, l’Algeria di Abdelaziz Bouteflika opera una metamorfosi kafkiana, dal Fronte di Liberazione Nazionale (Fln) salvatore ad al-qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) distruttrice. Le celebrazioni sono state per il governo l’ennesima opportunità di insabbiare l’Algeria reale, che soffre di povertà, di terrorismo, di abusi, di impunità, di corruzione, puntando i riflettori su un paese virtuale, svuotato della sua memoria, ridotto a un’indipendenza forzata e a un folklore desueto. A lanciare l’anno di festeggiamenti è stata una commedia musicale in grande stile, messa in piedi da drammaturghi libanesi nel complesso olimpico del 5 luglio. Le trasmissioni in diretta dei canali tv del Grande Fratello, non avendo alcuna notizia da diffondere si perdono in discorsi oziosi, privi di spessore, che grondano di un patriottismo tronfio. Toni che lasciano intendere che lo sbarco delle truppe coloniali francesi a Sidi Ferruch e l’inizio della guerra di liberazione siano appena accaduti e che la vittoria del Fln di Bouteflika alle elezioni legislative di maggio sia la consacrazione dell’indipendenza. Così ieri sera fuochi d’artificio e petardi hanno illuminato il cielo dell’Algeria, le sue strade disperatamente vuote e i suoi villaggi che hanno imparato a barricarsi nel crepuscolo di terrore di un attacco di Aqmi. Nessuna parata militare invece. L’esercito è impegnato, come il suo antenato (l’Armata di liberazione nazionale nel 1954), con i miliziani terroristi “interni” e con quelli che tentano di attraversare le frontiere, divenute 50 anni dopo passaggi preferenziali per gli emiri dei gruppi affiliati ad al-qaeda. Pesa intanto la memoria degli assassini della guerra fratricida, parricida e matricida commessi nell’ultimo quarto di secolo: Khemisti, Krim, Boudiaf, Djaout, Matoub, Boucebsi, Liabès, Hasni e altri duecentomila morti sconosciuti, cui si aggiungono le schiere dei desaparecidos. Martiri della democrazia e della libertà che si aggiungono ai martiri dell’indipendenza. Solo su questi ultimi tuttavia il potere punta i riflettori per trarne legittimazione a colpi di steli, elogi funebri e simili orditi demagogici gonfi di ipocrisia.

Uno specchietto per le allodole questo cinquantenario dell’indipendenza, impacchettato da Bouteflika in ciò che, secondo lui, è la proclamazione del suo regno. La Carta per la pace e la riconciliazione nazionale del 2005, è un insulto al proclama del 1 novembre, alle risoluzioni del congresso della Soummam, alle sedute di Yakouren, alla primavera del 1980, alla piattaforma di El Kseur. Il settimo anniversario della sua promulgazione, sprofondato nel terrore dei beneficiari di questa carta, sarà per Bouteflika più importante per il suo regno che non il mezzo secolo di indipendenza. Perché per lui i vari Hattab, Zouabri, Belmokhtar, Abassi e gli altri emiri del Gruppo islamico armato (Gia) contano più dei vari Abane, Krim, Boudiaf, Matoub, Hasni. Non a caso, qualche giorno fa, ha accolto in pompa magna i terroristi Ansar Eddine, che hanno distrutto i mausolei di Timboctou come quelli del Gia distruggevano le tombe dei martiri della guerra di liberazione. Anche l’Algeria infatti ha vissuto e vive tuttora simili distruzioni pianificate del potere, dall’islam politico e dai suoi sgherri. Lo stesso Bouteflika non è stato forse eletto dagli assassini della repubblica, da quegli stessi “pirati illuminati” che hanno distrutto Timboctou al pari di Algeri?

Cinquant’anni dopo, un paese esangue, dato in pasto ai predatori, ai coltelli del Gia, ridotto a questa misera commedia musicale, a questi fuochi d’artificio di seconda mano. Un anno di festeggiamenti, che farà da cornice al prossimo Salone del Libro di Algeri, a ottobre, cui prenderà parte la Biblioteca Nazionale di Algeri, ridotta a un misero internet point, e per cui saranno mobilitati i media del Grande Fratello. Lo stesso vale per questo mese di Ramadhan, un digiuno particolare: poliziotti dalle movenze islamiche saranno resi ancora più repressivi visto che la grande moschea di Bouteflika, i cui lavori sono stati più veloci di quelli per la metro di Algeri, sarà inaugurata dal clamore degli imam proprio quest’anno. Intanto l’Algeria reale sarà repressa al nome dei pilastri della nazione, mentre la fauna della “famiglia rivoluzionaria”, del Fln rimpastato e dei barbuti si riempirà le tasche, acclamerà Bouteflika partendo per la sua guerra di liberazione da cartolina per poi concedersi palazzi e ville nei quartieri alti di Parigi.