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Algeria: per cambiare il sistema bisogna cambiare paradigma

Ammar Hadj-Messaoud (Le Matin.dz – 14/5/2012). Traduzione di Carlotta Caldonazzo

La differenza tra ciò che sembra impossibile o possibile è nella misura della volontà dell’uomo.

Il problema per il nostro paese consiste nel cambiamento di paradigma. Non si tratta di spingere per il cambiamento senza prima aver stabilito in quale direzione procedere e come farlo passare. L’aspetto preoccupante è la costanza con cui personaggi pervasi degli stessi vecchi paradigmi nefasti recuperano e depredano, sotto la copertura di una qualsiasi associazione, il vento del cambiamento, a prescindere dal colore politico che ostentano. Soprattutto i personaggi interni al sistema, ovvero quelli che partecipano a questa pantomima democratica, sia dal governo che dall’opposizione.

Territorialismo, corruzione, clientelarismo, mancanza di moralità, disfacimento della società, abuso di potere, favoritismo, assenza di rispetto per i valori umani, gestione del profitto invece della gestione dell’intelligenza, assenza di coraggio, stupidità, mediocrità: questi gli effetti perversi del paradigma di una società burocratica e dittatoriale. Non si può andare contro la natura, ce lo insegna la storia. La domanda da porsi è come gestire il cambiamento e la transizione verso la realizzazione delle aspirazioni con moderazione. I progetti infatti sono prodotti unici e se non corrispondono alle aspettative verranno considerati falliti: in Algeria abbiamo fallito il progetto dell’indipendenza, quello del passaggio dal monopartitismo al multipartitismo e quello della transizione dall’economia pianificata all’economia di mercato.

Gli individui creano idee (teorie, ipotesi, quadri concettuali, modelli mentali, schemi, paradigmi, prospettive, percezioni, credenze, opinioni) che ci permettono di interagire in modo che noi facciamo e creiamo qualcosa nella realtà che ci circonda. Non potendo ignorare il contesto sociale nel quale ci evolviamo, è una questione di soggetti (persone), non di oggetti (cose). Macchine, edifici, Mercedes, il rumore e il russare sono accessori. Gli individui sono attori che ogni giorno scrivono un copione e lo interpretano, per poi domandarsi perché non amino la parte che essi stessi si sono assegnati.

I capi delle organizzazioni pensano che il loro modo di agire sia la chiave del successo: le buone idee sono respinte dai benpensanti. I capi delle organizzazioni ritengono dunque il futuro un’estensione del passato e credono che le idee che abbiamo incarnato fino a oggi  siano le stesse che ci porteranno al domani. In tal modo resistono al cambiamento reprimendolo, dal momento che sono contrari alle nuove idee. In realtà la storia ha dimostrato che sono proprio queste a prevalere. Le nuove idee cambiano il mondo per sempre, ci spingono a rivalutare il nostro modo di agire, ci aprono gli occhi su possibilità che non avevamo mai considerato e ci liberano dai nostri limiti. A impedirci di accettarle è proprio il paradigma.

Un paradigma è un filtro attraverso il quale gli individui percepiscono la realtà: eventi, idee, tecniche. Questo filtro rappresenta i loro valori e le loro credenze e affonda le sue radici nell’esperienza, nell’istruzione, nella cultura o in qualsiasi altro aspetto che influenza la percezione. Come possono dunque le riforme produrre risultati significativi quando chi comanda nelle organizzazioni resta ancorato ai suoi vecchi paradigmi? Essi impediscono di comprendere e accettare il cambiamento, fanno in modo che noi accettiamo solo quello che vogliamo o crediamo possibile. Tali paradigmi impediscono dunque di scoprire nuove strategie, cogliere nuove occasioni.

I paradigmi determinano la mappa dei nostri modelli mentali attraverso i quali percepiamo la realtà, stabiliscono dei confini e tracciano un contorno in termini di regole o regolamenti. Questi ultimi ci forniscono la chiave del successo evidenziando le soluzioni ai problemi all’interno di tali confini. Se gli individui non riescono ad anticipare gli sviluppi significativi è proprio a causa dei loro vecchi paradigmi, filtri che setacciano i dati della percezione.

Quando si parla di cambiamento bisogna intenderlo come un cambiamento di paradigma: passare da una cultura della mediocrità a una cultura dell’eccellenza, da una cultura dell’impresa di tipo burocratico a una cultura dell’impresa di tipo organico. E’ quello  che chiamiamo punto zero: il nuovo paradigma fa ripartire gli individui da zero. Di contro i successi del passato non offrono garanzie, anzi possono addirittura bloccare la visione del futuro. Solo l’apertura di spirito permetterà di mantenere una porta aperta sul futuro.

I paradigmi influiscono sulle decisioni e sui giudizi in modo drammatico, influenzando le nostre percezioni. Se vogliamo prendere decisioni sagge per il futuro dobbiamo saper riconoscere i nostri paradigmi attuali ed essere pronti a guardare oltre. La chiusura alle nuove idee è una malattia mortale causata dalla certezza, è molto contagiosa e ha già distrutto molte organizzazioni e imprese: si chiama paralisi paradigmatica. Anche per questo chi crea nuovi paradigmi  generalmente non fa parte del sistema che incarna quelli vecchi. I nuovi paradigmi dunque sono esterni al centro del sistema, si trovano alla sua periferia.

Coloro i quali pur incarnando i vecchi paradigmi scelgono di cambiarli con i nuovi, una sorta di pionieri del paradigma, devono avere coraggio: gli argomenti addotti in favore del nuovo paradigma non dimostrano che sono sulla buona strada. Chi opera questa scelta  deve credere che il nuovo paradigma riuscirà a risolvere tutti i grandi problemi, basandosi sull’unico argomento dei vari fallimenti del vecchio paradigma. Una decisione che può essere presa esclusivamente grazie alla determinazione.

Gli esseri umani non hanno un codice genetico che li obblighi a vedere il mondo in un solo modo. Possono scegliere di sbarazzarsi di un paradigma per adottarne un altro, di vedere il mondo con altri occhi. Si possono rendere elastici i propri paradigmi chiedendosi cosa oggi sia impossibile fare in un’impresa o in un’organizzazione ma che, se fosse possibile, cambierebbe interamente il lavoro attuale. Le risposte condurranno l’individuo alle frontiere del proprio paradigma e, se sarà pronto a intravedere il paradigma successivo, dovrà convincersi del fatto che ciò che oggi è impossibile probabilmente molto presto costituirà la regola. Ogni sistema genera le sue misure. Questa sfida potrebbe essere causa di un cambiamento (allora sarà una rivoluzione) oppure il suo pioniere (che produrrà un miglioramento). La scelta è nelle mani degli individui.