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Algeria: l’oro nero bloccato di Saipem

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El Watan (Articoli del 06/04/2013 e dell’11/04/2013). Sintesi Carlotta Caldonazzo

sonatrachL’impresa petrolifera Saipem Contracting Algérie, filiale Eni, ha annunciato il congelamento di due suoi fondi da parte delle autorità algerine, impegnate nel cosiddetto affaire Sonatrach II. Farid Bedjaoui, accusato di aver fatto da intermediario tra la compagnia petrolifera nazionale algerina Sonatrach e l’Eni, minaccia di rivelare nomi eccellenti. Fughe di notizie su un mercato parallelo del petrolio aprono intanto la via all’ affaire Sonatrach III.

La scorsa settimana l’agenzia stampa Reuters ha reso noto che due dei fondi della Saipem Contracting Algérie, per un totale di 79 milioni di euro, sono stati congelati dalle autorità algerine, che dal 2010 indagano sulle tangenti che la filiale di Eni ha versato a intermediari di Sonatrach per ottenere un numero ancora imprecisato di contratti per la fornitura di oro nero. Una goccia nel mare rispetto alle cifre esorbitanti guadagnate gonfiando i prezzi dei servizi nei preventivi presentati dalla società italiana, che ha implicitamente ammesso il proprio coinvolgimento nell’affare. Nonostante le indagini siano ancora in corso e apparentemente lontane da una conclusione, alcuni fondi Saipem in Algeria sono stati già sbloccati. Sulla vicenda indagano congiuntamente la magistratura algerina e quella italiana, che lo scorso 24 marzo ha fatto perquisire la sede della Saipem a Sidi Yahia, ad Algeri. I contratti incriminati risalgono al 2009, in particolare quello per la realizzazione della terza parte del gasdotto GK3 che dovrebbe collegare Hassi Messaoud e El Kala. La Saipem aveva a sua volta subappaltato i lavori alla Ouais Group Engineering and Contracting (Ogec), società guidata da Farid Bedjaoui con sede a Dubai specializzata in progetti nel settore degli idrocarburi. Bedjaoui è attualmente indagato dalla giustizia italiana e algerina per aver fatto da intermediario tra Saipem e i responsabili algerini del Dipartimento per l’Energia, in particolare l’ex ministro dell’Energia e delle Risorse Minerarie Chakib Khelil. La mediazione, conclusasi con la stipula di 8 contratti del valore complessivo di 11 miliardi di euro tra 2007 e 2009, ha portato 197 milioni di euro nelle casse di un’altra società guidata da Bedjaoui, la Pearl Partners Limited, con sede a Hong Kong. A gettare luce sui fatti è stata la procura di Milano, che ha avviato un’inchiesta che ha portato alle dimissioni del dirigente di Saipem Pietro Franco Tali e ha coinvolto la società madre Eni, che di Saipem ha oltre il 43% di capitale e il cui amministratore delegato Paolo Scaroni all’epoca dei fatti ha incontrato più volte Bedjaoui.

Questo il contenuto del dossier Sonatrach II, aperto dal tribunale di Algeri il 10 febbraio.

Nipote dell’ex ministro degli esteri algerino, Farid Bedjaoui, residente in Canada con la famiglia da oltre 20 anni, minaccia di rivelare nomi importanti nel caso in cui dovesse essere interrogato direttamente dalla magistratura. Il suo immenso patrimonio conta un appartamento in un lussuoso albergo di Parigi, uno yacht, una villa a Palma de Mallorca. Dopo aver lanciato con i due fratelli a Montreal le catene Bédex Agrofood International e Mexicafé (import-export di generi alimentari, soprattutto caffè), oggi inattive ma ancora nel registro delle imprese, all’inizio degli anni 2000 Bedjaoui fonda a Dubai una società di investimenti, Rayan Asset Management FZ, cui nel 2003 la Sonatrach ha versato 2 miliardi di dollari. Nella stessa città ha dato alla luce anche alla Ogec, che gli ha conferito il ruolo di mediatore tra Sonatrach e le multinazionali che intendono ottenere contratti in Algeria, un “facilitatore” d’eccellenza della corte di Khelil. Grazie alla sua attività, riferisce il sito Jeune Afrique,  dal 2003 al 2011 nelle sue tasche sono arrivati tra 800 milioni e un miliardo di dollari di commissioni. Il fratello Ryad Bedjaoui invece è l’unico dirigente e azionario ufficiale della Bami Capital, società di servizi per gli investitori a caccia di guadagni in Canada ed Europa (con sede a Montreal), presso la quale Farid lavora come legale.

La sua attività di mediatore ha portato Farid Bedjaoui nel mirino della magistratura italiana, ma ottenere informazioni dettagliate sul suo ruolo chiave nei meccanismi corruttivi che dominano il mercato dei contratti tra società algerine e multinazionali è difficile, soprattutto da Algeri. Se messo alle strette dalle autorità giudiziarie ha minacciato di non cadere da solo, dal momento che toccando lui “si toccherebbe il clan presidenziale”. Il rischio dunque è che la vicenda Sonatrach II si concluda come quelle di BRC e Khalifa, che hanno visto le autorità sfuggire magistralmente alla giustizia. Per il momento né Bedjaoui né l’ex ministro Khelil hanno ricevuto citazioni o subito perquisizioni, anche se la compagnia canadese SNC-Lavalin ha ammesso pubblicamente di aver beneficiato di Bedjaoui come mediatore nell’affare Sonatrach II. Inoltre, grazie all’intercessione dello zio, lo stesso Bedjaoui è intervenuto nei lavori per l’autostrada Est-Ovest in favore della società cinese Citic.

Oltre alle due inchieste per corruzione, ora la Sonatrach rischia di essere al centro di nuove indagini, dal momento che le autorità algerine hanno scoperto nel corso degli interrogatori per Sonatrach II una sorta di mercato nero del petrolio. L’affare riguarda la gestione della filiale di Sonatrach con sede a Londra Sonatrach Petroleum Corporation (SPC, la cui sede legale è alle Isole Vergini), su cui gravano sospetti per le commissioni applicate sulla vendita di idrocarburi tra 2005 e 2010. Per ora solo Chawki Rahal, ex dirigente della SPC ed ex vicepresidente della Sonatrach, è sotto mandato di cattura da lunedì. La corruzione dunque non riguarda solo i contratti per servizi (come mostrano i meccanismi venuti alla luce nelle inchieste Sonatrach I e II), ma anche la vendita di oro nero. A far scattare l’allarme è stato l’ex vicepresidente Sonatrach addetto alla commercializzazione Hocine Malti, secondo il quale il petrolio è “una risorsa strategica e le grandi potenze sono pronte a versare commissioni per  garantirsi gli approvvigionamenti”. Oltre al mercato legale (sia pure infestato dalla corruzione) esisterebbe dunque un mercato illegale parallelo, i cui profitti andrebbero nelle tasche dei mediatori come Malti o Bedjaoui.

 

 

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Emanuela Barbieri

Emanuela Barbieri è specializzata in Comunicazione Digitale e Internazionale, SEO Specialist e Consulente di Marketing digitale.
Grazie alla lingua araba ha realizzato progetti ponte tra l'Italia e l'area MENA - Nord Africa e Medio Oriente -, affiancando alla laurea in Lingue e Comunicazione Internazionale una formazione in ambito digitale: siti web, SEO, digital advertising, web marketing.

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