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Aleppo: la danza sopra la desolazione

Aleppo Siria
Il regime siriano ha distrutto il proprio paese regalando la Siria alle potenze internazionali, ma il popolo siriano rappresenta un esempio di resistenza al totalitarismo

Di Elias Khoury. Al-Quds al-Arabi (13/12/2016). Traduzione e sintesi di Federico Seibusi.

Bashar al-Assad danza sopra le macerie di ciò che resta di Aleppo dopo essere entrato vittorioso con l’esercito e le milizie dei suoi alleati fondamentalisti. I Paesi arabi e le potenze regionali hanno profanato la rivolta del popolo siriano e gioiscono, nonostante la sconfitta, poiché hanno avuto successo seppellendo l’idea di libertà e la dignità umana, che ha spinto migliaia di siriani a manifestare. Da parte sua, Putin ha protetto il piccolo dittatore siriano con i suoi mezzi di distruzione trasformando la Siria in un’altra Grozny. Per di più, la diplomazia statunitense ha impartito una lezione di inganno fatta di discorsi vani e osserva come abbia reso possibile la distruzione della Siria senza pagare il dazio che fu costretta a pagare con la distruzione dell’Iraq. D’altro canto, Israele guidato dal partito razzista del Likud ha la possibilità di espandersi osservando come il Levante si frammenti sotto i regimi imperanti. Anche i fondamentalisti sono felici di aver represso il popolo siriano nelle zone in cui si sono stabiliti dimostrandosi non meno brutali del regime. Essi hanno calpestato la rivoluzione siriana e il sogno democratico, ottenendo una nuova esperienza sanguinosa e permettendo loro di rivestire nuovi ruoli attraverso azioni dirette o indirette.

Tutti gli assassini e i criminali si sono riuniti per uccidere la Siria e umiliare il suo popolo. Essi gioiscono poiché, forse, la Siria rappresenta la caduta dei valori morali e umani, aprendo al mondo un’era di brutalità e razzismo.

Il popolo siriano ha acceso una nobile rivoluzione che ha rappresentato un modello di determinazione, resilienza e capacità di sacrificio di fronte al totalitarismo. Le manifestazioni siriane soppresse sono state un manifesto lampante di richiamo ai diritti e alla libertà, malgrado tutto.

D’altronde, ci si deve interrogare in merito alla costituzione stessa di una leadership che non è in grado di guidare poiché, sottoposta a ingerenze esterne, si è gettata nelle braccia dell’epoca del petrolio e della dispotismo arabo. Perciò, la rivoluzione è stata divorata dall’esterno con la ricchezza, le armi e il fondamentalismo oscurantista, mettendo il popolo siriano nella condizione di dover affrontare da solo dei ciechi strumenti di morte. Ci si deve rivolgere alla radice della cultura non perché essa è l’unica questione, ma affinché si ricostituisca un’élite intellettuale e culturale che possa farsi carico dell’eredità siriana, trasformandola in coesione sociale. In questo modo il massacro e il male patito potranno divenire storia, permettendo di scorgere un futuro di libertà. La verità è che le scene di devastazione sono state oscurate dalla coltre innalzata dalle esplosioni: non si devono dimenticare le scene dei bambini sotto le macerie, la sofferenza di milioni di rifugiati e il grido di città da cui è stata estirpata la vita.

Tutti i siriani hanno imparato il sacrificio e l’orgoglio e sono testimoni della rovina di questa epoca, ma sanno che le vittorie della tirannia, del fascismo e del cieco fondamentalismo sono un’illusione vana. I dittatori non sanno che giocando con la distruzione se ne diventa vittima; non sanno che la gioia di aver distrutto la terra e il popolo rappresenta una situazione temporanea. La tirannia si illude di aver vinto, ma nessuno può giocare con la morte all’infinito.

Il popolo ha distrutto i muri della paura e ha indossato la verità. Di certo, non tornerà verso un’epoca di oscurità, qualsiasi possa essere la forza che lo opprima; poiché ha demolito le statue dei tiranni e non le innalzerà di nuovo, anche se tutte le forze della terra venissero per restaurarle. Il popolo di oggi, umiliato nei campi profughi e nelle città siriane profanate, non si merita questo smacco.

Questa è un’epoca di dolore, ma non di disperazione e dopo di essa vi sarà un’epoca animata da un sogno di libertà da costruire con pazienza e perseveranza.

Elias Khoury è uno scrittore libanese di fama internazionale, nonché drammaturgo e critico; è stato direttore dell’inserto letterario del quotidiano libanese An-Nahar ed è editorialista per il quotidiano panarabo Al-Quds al-Arabi.

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