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L’indipendenza del potere giudiziario in Tunisia

tunisia costituzione
Quando in un paese democratico e avanzato i tre poteri dello stato cooperano tra di loro senza prevalere gli uni sugli altri ne deriva sicurezza e pace sociale

Di Anwar al-Jumawi. Al-Araby al-Jadeed (05/03/2017). Traduzione e sintesi di Marianna Barberio.

Il potere giudiziario è uno dei solidi pilastri dello stato che ne assicura stabilità e sopravvivenza. Garante dei diritti e doveri, mantiene un equilibrio tra il legislatore e i cittadini, regola la convivenza sociale e risolve i conflitti tra le persone. Quando a prevalere è la piena indipendenza della magistratura ne deriva pace sociale e sentimenti di cittadinanza ed eguaglianza. Il potere giudiziario opera quindi in un Paese democratico e avanzato in piena indipendenza, al pari degli altri due poteri: quello esecutivo e legislativo.

In Tunisia prima della rivoluzione il potere giudiziario era controllato da quello esecutivo e sfruttato dal partito governante e dall’istituzione presidenziale nell’esplicazione dei propri interessi, al servizio di un sistema autoritario e repressivo. I magistrati avevano il compito di imbavagliare, torturare i dissidenti e gettarli negli abissi delle carceri per mezzo di condanne severe.

Questo però non ha impedito ai magistrati di disobbedire alle istruzioni del palazzo presidenziale e dell’allora regime poliziesco. Dopo la rivoluzione, la magistratura ha agito a suo favore mossa da un clima di piena indipendenza durante la proclamazione della Seconda Repubblica e in seguito alla stesura di una Costituzione progressiva e consensuale che riconosce “un potere indipendente alla magistratura garante di giustizia e della superiorità della Costituzione”, nella difesa dello stato di diritto e delle libertà.

Tuttavia, passare dalla teoria alla pratica è stato piuttosto difficile. Tra i vari ostacoli vi è stato soprattutto il ritardo nell’istituzione di una struttura a sostegno dell’indipendenza della magistratura e la tendenza di alcune fazioni a sottomettere il potere giudiziario a quello esecutivo, contrariamente a quanto espresso nel testo costituzionale che prevede entro e non oltre i sei mesi dalla data delle elezioni legislative (ottobre 2014) l’introduzione di un Consiglio Superiore della Magistratura e, a un anno dalla stessa data, la creazione di una Corte Costituzionale. Questi due organi sono i pilastri fondanti l’indipendenza della magistratura.

È stato però superato il limite massimo, in una chiara violazione del codice costituzionale, che ha interferito nel lavoro dei giudici di assicurare uno stato di diritto. In tal senso, durante l’operazione contro il terrorismo, la magistratura è apparsa a livello mediatico l’elemento debole tanto da agire in maniera controcorrente, con il rilascio di alcuni sospetti di terrorismo. L’interferenza nello svolgimento delle funzioni giudiziarie ha generato un certo scetticismo che ha portato all’accusa di incapacità dei giudizi e ad intralciare il loro operato.

Si teme allora che la paura per il terrorismo e lo schieramento settoriale di professionisti riporti la magistratura alle dipendenze degli organi esecutivi ripristinando lo stato di favoritismi contro il requisito di indipendenza e il principio di separazione dei poteri nella Seconda Repubblica.

Anwar al-Jumaiwi è un professore e ricercatore universitario. Ha ottenuto il premio arabo in scienze sociali e umane per promuovere la ricerca scientifica.

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