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“Il mercenario di Gheddafi” di Mariù Safier

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gheddafi mariù safierBabette e Geppy, un amore difficile e tormentato e sullo sfondo la Libia del colonnello Gheddafi.

Sono gli elementi del romanzo di Mariù Safier pubblicato da Avigliano Edizioni.

Il romanzo si snoda attraverso il rapporto epistolare fra i due amanti e le emozioni che Babette vive e subisce nella lontananza di Geppy, una lontananza che si rivelerà non solo fisica ma anche nei sentimenti reali che l’uomo dimostrerà di provare per la donna che ha sempre detto di amare.

Geppy lavora come istruttore di piloti nella Libia del colonnello Gheddafi, di fatto prestando la sua opera al miglior offerente, non disdegnando, per amore del dio denaro, di istruire coloro i quali metteranno la propria opera al servizio della guerra.

Babette, accecata dal sentimento, subisce il fascino di quest’uomo anche a distanza, rincorrendolo in quelle che si riveleranno solo mire utilitaristiche e mettendo in discussione la sua stessa libertà di donna emancipata in una Italia che si sta svegliando ad una civiltà più moderna e libertaria.

Sullo sfondo si erge la Libia, con i suoi paesaggi desertici, le dune color zafferano che circondano e ammaliano i personaggi, che depistano e smarriscono il corpo e l’anima.

C’è la Libia sulla quale si impone la figura del Colonnello, la sua dittatura, il suo dispotismo che riconducono il paese ad un ordine imposto, ad una calma e ad una sudditanza ispirata dalle leggi del Corano e dalla shari’a.

E l’autrice, sapientemente e dettagliatamente, ripercorre tratti significativi della storia del paese nordafricano, così come richiama le origini dell’Islam, la sottomissione al Profeta da parte di un popolo attirato dalle lusinghe di un domani migliore così come viene promesso nel libro sacro.

“Il Corano […] ha il fascino dei tappeti sciorinati nei suq, i mercati coperti di canne per riparare gli acquirenti e i venditori dal sole implacabile […] La gente semplice, povera e isolata, non è in grado di scegliere il suo condottiero: segue istintivamente, con la speranza di un domani migliore dell’oggi”.

Il popolo che crede ciecamente, che non si pone domande, che esilia il dubbio dalla propria mente. E sono diversi i passaggi del libro nei quali si può ritrovare una sorta di filo conduttore comune negli eventi storici e sociali di molti paesi di religione islamica: l’affidarsi del popolo a quel condottiero che meglio di ogni altro riesce a srotolare il tappeto più riccamente decorato, metafora di una felicità promessa a volte con troppa facilità e troppo spesso mai raggiunta.