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Gettare benzina sul fuoco non serve a nessuno

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Di Emil Amin. Asharq al-Awsat (25/11/2015). Traduzione di Irene Capiferri.

Seguendo gli ambienti mediatici e culturali dopo i fatti di Parigi, appare chiaro che vi sia chi ha interesse ad alimentare il conflitto con il mondo islamico, e ampliarlo attraverso la generalizzazione dell’accusa a tutti i musulmani provenienti da Oriente e Occidente. Primo ma non ultimo il direttore del giornale italiano di estrema destra Libero, che ha pubblicato un titolo provocatorio contro i musulmani sulla prima pagina del quotidiano; quanto a Marine Le Pen in Francia, la crisi le è stata servita su un piatto d’argento, mentre si prepara alle prossime elezioni presidenziali del 2017.

Tuttavia, se possono essere comprensibili gli interessi di alcuni europei nel fomentare tale islamofobia, è invece curiosa la campagna apparsa sulle prime pagine dei giornali israeliani, poiché si concentra sulla questione della guerra con l’islam, definito ora jihadista ora radicale.

Ron Ben-Yshai per esempio, sul giornale Yediot Aharonot, scrive di una terza guerra mondiale tra occidente e islam “jihadista”, sostenendo che il primo dovrà rinunciare ai diritti umani per garantire ai cittadini il diritto più importante, quello alla vita. Mentre Kaleman Libeskind di Maariv, ha intitolato un proprio articolo: “L’islam dichiara la guerra santa contro tutto ciò e tutti quelli che non sono dei loro e noi ammutoliamo”.

Queste reazioni eccessive non fanno altro che alimentare la retorica della guerra religiosa, invece di un’analisi razionale di ciò che sta dietro il terrorismo, cosa lo causa e cosa lo alimenta; lanciare accuse è la reazione più facile, come dimostra la storia, e la questione del rapporto tra oriente e occidente, che continua a generare rivalità e a suscitare odio, rischia purtroppo di essere ereditato dalle generazioni future.

Noi garantiamo agli europei il diritto a difendere le proprie vite e i propri confini, alziamo la nostra voce per condannare il terrorismo, non sottovalutiamo ciò che è accaduto e partecipiamo al lutto delle vittime francesi ed europee. Alcune voci europee illuminate riferiscono sul giornale tedesco Der Spiegel il pericolo che “l’emarginazione e l’esclusione dei musulmani in Europa causi una maggiore probabilità del loro reclutamento”, e che se vogliamo far fallire gli estremisti, dobbiamo restare fedeli ai nostri valori e non limitare le libertà, non chiudere i confini tradendo la nostra umanità nei confronti dei bisognosi e non rinunciare alle altre conquiste della civiltà, poiché facendo questo, avremo raggiunto l’obiettivo dei terroristi.

Non si può dichiarare guerra per rabbia: Washington era riuscita ad affrontare il terrorismo in Afghanistan con missili e aerei, ma non ha imparato la lezione dal confronto con i Talebani, e ha aperto un nuovo fronte in Iraq, dalla cui fucina è nato Daesh (ISIS).

Non si dovrebbero lasciare l’islam e i musulmani nelle mani di un gruppo di estremisti e non è possibile cadere preda dell’ideologia di fanatici che cercano di costruire uno scenario religioso che ci riporta al tempo delle Crociate nel Medioevo.

La strada per combattere il terrorismo è lunga e difficile e richiede un grande sforzo; un pesante fardello ricade sui pensatori e gli intellettuali, le personalità religiose e politiche, nel mondo arabo e islamico, per manifestare la speranza che i popoli del mondo musulmano si dirigano verso i non musulmani, non verso la morte e l’odio. Questo è un compito arduo, ma deve essere la priorità dell’emergenza, per evitare al mondo il peggio che ancora non è capitato.

Emil Amin è uno scrittore egiziano.

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